La partecipazione al voto sul referendum può concorrere alla reintroduzione in Italia di un sistema elettorale che assegna la maggioranza dei seggi in Parlamento alla lista che arriva prima nella competizione anche se, per ipotesi , dovesse raggiungere meno del 20%: la legge Acerbo del 1923 prevedeva lo stesso fine ma almeno con una quota superiore al 25% . Per evitare che ciò possa accadere creando una grave anomalia nel sistema democratico del Paese è opportuno disertare le urne: il rimedio suggerito dai referendari sarebbe peggiore del male .
Oggi i cittadini non possono scegliere i loro rappresentanti ma solo votare il partito e/o la coalizione che per vincere epperò, e vedersi attribuito il premio, comunque deve raccogliere il consenso della maggioranza relativa degli elettori.
Le nuove regole di voto, in primis l’abolizione delle liste bloccate, la reintroduzione delle preferenze e collegi elettorali di dimensioni territoriali ridotti, vanno scritte in Parlamento ricercando la più ampia convergenza possibile: non è immaginabile che uno strumento quale il referendum, di cui si è fatto un uso irragionevole negli ultimi anni con quesiti a volte marginali e spesso poco decifrabili, possa ex sé risolvere un problema prevalentemente politico.
La riforma complessiva del sistema deve vedere di nuovo al centro protagonista il cittadino che con il suo voto, plurale e democratico, deve determinare, così come accade per i Comuni, le scelte politiche ed amministrative individuare partiti ed uomini a cui affidare la gestione della cosa pubblica.
Luigi Bocchino
Consigliere comunale PdL