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direttore Antonio De Cristofaro

Benevento: Città del Vino, necessaria una Wine Policy

Scritto da il 16 settembre 2010 alle 15:27 e archiviato sotto la voce Primo Piano, Territorio. Qualsiasi risposta puo´ essere seguita tramite RSS 2.0. Puoi rispondere o tracciare questa voce

Nei territori del vino ci vuole una wine policy, una vera e propria politica progettuale a medio-lungo termine, che sappia rispondere alle criticita’ vecchie e nuove del vino e dei territori di produzione, grazie ad un patto sempre piu’ stretto tra pubblico e privato. A dirlo sono le Citta’ del Vino, riunite in ”Convention” a Benevento e nelle Citta’ del Vino del Sannio – Castelvenere, Ponte, Torrecuso e Sant’Agata de’ Goti , dove i comuni ”virtuosi” che, in tempo di crisi, si adoperano per mantenere alta la qualita’ dei propri territori, hanno raccontato le proprie esperienze. Come interlocutori privilegiati tra il mondo delle istituzioni e l’imprenditoria enologica, i comuni assumono cosi’ una vera e propria funzione di ”imprenditori pubblici” al servizio dei territori del vino, elaborando idee e realizzando progetti in sinergia con le aziende del proprio territorio. E’ il caso delle Citta’ del Vino di Isera in Trentino e di Milo in Sicilia, che hanno deciso di premiare il lavoro dei vignaioli che curano nel miglior modo possibile le loro vigne, non solo da un punto di vista tecnico, ma anche in relazione al paesaggio e al mantenimento della peculiarita’ dei luoghi. Bomporto in Emilia Romagna e’ un esempio ”virtuoso” di come sia possibile estendere le stesse regole di salvaguardia delle citta’ all’ambiente circostante, grazie ad un vero e proprio ”piano regolatore rurale” dove la vitivinicoltura e l’agricoltura sono gli strumenti per conservare il territorio e valorizzare armoniosamente paesaggio, patrimonio urbano e tipicita’ rurale, a vantaggio del turismo e dell’alta qualita’ della vita degli abitanti. C’e’ poi il ”Regolamento Generale per la Disciplina a Tutela e Valorizzazione del Patrimonio Architettonico, Naturalistico e Rurale” di San Martino sulla Marrucina in Abruzzo, modello dello stretto legame che dovrebbe esistere tra chi amministra e chi produce su un territorio, nato grazie alla joint venture tra il comune e un produttore di vino ”illuminato” e legato alla sua terra, come Gianni Masciarelli. In Piemonte, se da sempre Sizzano si occupa direttamente della tutela dei propri vitigni piu’ antichi, Castagnole delle Lanze ha deciso di far ”adottare” i vigneti, per consentire ai vignaioli di vendere le loro uve ad un prezzo migliore, favorendo la conoscenza del territorio delle persone che, dall’Italia ma anche dall’estero, hanno aderito all’iniziativa, mentre a Barolo e’ nato il ”WiMu – Wine Museum”, l’innovativo museo del vino al Castello Falletti. La Citta’ del Vino di Verucchio in Emilia Romagna ha deciso di investire su 6 ettari di vigna autoctona per favorire l’avvio di una produzione di vino che possa avere autosufficienza commerciale. Piu’ recente, il protocollo di intesa in Veneto tra i 18 comuni dell’area storica del Prosecco e il Consorzio di Tutela del Prosecco Conegliano Valdobbiadene finalizzato alla sostenibilita’ ambientale con un minore impatto di sostanze chimiche sull’ambiente (concimi e trattamenti), anche in vista della candidatura del territorio a Patrimonio dell’Umanita’ dell’Unesco. ”Il mondo del vino italiano e’ fatto di ”marchi collettivi”, ovvero di ”marchi territoriali” forti – sottolinea il presidente delle Citta’ del Vino Giampaolo Pioli – che non possono essere piu’ considerati semplici denominazioni, ma luoghi di culto enologico, che appartengono ai territori, perche’ per fare vini importanti ci vogliono territori importanti, e dunque organizzati

                                                                                                                                                                                                             Fonte Asca

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