Il Consiglio provinciale di Benevento in seduta “aperta” ha celebrato, nella Giornata del Ricordo, le vittime delle foibe nella regione istriano–dalmata, terra contese tra Italia e Yugoslavia alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
I lavori sono stati introdotti dal presidente dell’Assemblea Giuseppe Maria Maturo. Il presidente ha rievocato i tragici conflitti di un mondo diviso in blocchi contrapposti e un’Italia uscita distruttura dalla guerra: questi elementi storici furono le principali concause alla base dei massacri perpetrati dalle Armate di Tito in Yugoslavia e dalle rimozioni che ci furono nel nostro Paese nei confronti di tante vittime innocenti. Le “tragedie di Serie A e di Serie B” – ha detto Maturo non debbono più esserci: occorre ricostruire la memoria di quella pagine turpe anche per costruire una memoria condivisa nel nostro Paese.
La cerimonia è quindi vissuta sull’intervento di due classi del Liceo Ginnasio “De La Salle” di Benevento che hanno letto un brano tratto dal libro di Anna Maria Mori dal titolo “Nata in Istria”.
Sono quindi intervenuti i rappresentanti “esterni” al Consiglio.
Marco Falconieri di Azioni Giovani PDL ha sollecitato tutti i cittadini a coltivare il valore del ricordo e della memoria di quegli eventi frutto della follia ideologica titina.
Emilia Tartaglia Polcini, a nome del Provveditore agli studi, ha testimoniato il fatto che sta crescendo tra gli allievi delle Scuole del Sannio la consapevolezza e la riflessione su una delle pagine più tragiche ed oscure della storia del nostro Paese.
In rappresentanza del Questore di Benevento, il dott. Raffaele Verrillo ha portato la testimonianza della vicenda di un suo collega che conobbe alcuni anni addietro nella Questura di Bolzano e che nascondeva dietro una apparente riservatezza la tragedia personale che lo travolse per i fatti d’Istria.
Don Pompilio Crispino, in rappresentanza dell’Arcivescovo Metropolita mons. Andrea Mugione, ha discusso sui doveri del rispetto della dignità della persona e della testimonianza e del ricordo anche delle atrocità e del peccato. Nel ricordare la richiesta di perdono di Giovanni Paolo II davanti al Tempio di Gerusalemme per le persecuzioni degli Ebrei, don Crispino ha detto che occorre prendere coscienza dei propri errori e del proprio passato per poter costruire “la civiltà dell’amore” di cui parlava Paolo VI.
Michele Mazza, prefetto di Benevento, ha rimarcato il valore del sentirsi partecipi interamente della società italiana ed ha salutato con favore il fatto che molti tra i presenti indossassero una coccarda tricolore. Nella storia nazionale, ha quindi affermato il prefetto, la pagina atroce delle foibe e dell’esodo dall’Istria si segnala perché segna la distruzione degli affetti più cari di un uomo e per la perdita delle case, dei luoghi dell’infanzia e dei beni materiali. Quindi quella vicenda è una ferita aperta nel cuore di migliaia di nostri connazionali. Tra i duecentocinquantamila istriani cacciati da Tito, alcuni sono giunti anche nel Sannio: rispetto a tali cifre, mentre nulla sia sa ancora di preciso sul numero dei morti, il Prefetto ha chiesto a tutti i cittadini, anziani e giovani, di essere vigili circa la corrente storica revisionista che tende a minimizzare se non addirittura a negare la vicenda dell’Istria. Mazza ha quindi invitato tutti a condannare la pratica dell’oblio, nella quale peraltro indulsero in molti nostri connazionali: come testimoniarono i fischi e gli insulti che furono incomprensibilmente riservati dagli stessi italiani agli esuli.
Il consigliere Luca Ricciardi ha denunciato le colpe della polizia politica delle milizie titine che si macchiarono di pesanti crimini contro l’umanità nei confronti non solo di ex fascisti, ma di tanti italiani, e di gente non schierata politicamente nell’ambito di un disegno di slavizzazione della regione balcanica. Il consigliere ha omaggiato la nostra democrazia che è ormai matura – ha detto: tanto è vero che consente a tutti di riappropriarsi di un momento fondamentale della nostra storia per troppo tempo oscurata e negata dalla storiografia ufficiale.
Il consigliere Spartico Capocefalo ha invitato ad arricchire il presidente Cimitile a predisporre un’iniziativa volta ad implementare il patrimonio museale, documentale ed archivistico della provincia con uno spazio appositamente dedicato a vicende quali le foibe e la Shoah.
Il consigliere Claudio Ricci ha affermato che le vittime delle foibe sono stati condannati a morte due volte, una volta dai titini e un’altra volta dallo stesso Stato italiano che, per ragioni diplomatiche internazionali, volle tenere nascosta quella vicenda al fine di non alimentare conflitti internazionali. Ricci ha ricordato che già la tragedia greca ha contrapposto legge formale e legge naturale e quindi quanto accadde in quell’epoca in Italia e in Istria non può considerarsi una novità; ma questo non può considerarsi una giustificazione ed una scusa per le colpe accumulate: dunque bene ha fatto il Legislatore a voler riparare ad un antico torto e a restituire dignità a tutti gli individui. Ricci ha quindi creato un parallelo tra le logiche di sterminio all’epoca della Seconda Guerra Mondiale e le attuali vicende internazionali che vedono una pesante contrapposizione tra cultura e religioni a livello internazionali.
Il consigliere Gennaro Capasso ha sottolineato i valori della pace e della solidarietà come dato che viene dall’esame della esperienza storica e dall’attenta analisi del passato.
Il segretario generale provinciale della CISL Attilio Petrillo ha portato la testimonianza di una propria esperienza con uno degli esuli istriani giunto nella sua città natale.
Il presidente della Provincia, Aniello Cimitile, ha parlato di “diritto della memoria” che deve essere riconosciuto ai giovani: il patrimonio della conoscenza è ineludibile per ogni giovane che si affaccia alla vita, al lavoro e agli affetti. Egli ha il diritto di sapere anche quando gli anziani per i loro calcoli politici vogliono negarglielo. L’insieme dei valori che si costruì sulla sofferenza e sul dolore degli Istriani – ha spiegato Cimitile – è un patrimonio della storia del nostro Paese ed è il puntello di una memoria finalmente condivisa. Cimitile ha quindi riconosciuto che sulle foibe esisteva un pregiudizio da parte della “sinistra” genericamente intesa secondo la quale quello delle foibe era “un argomento fascista” di ogni buon militante non doveva occuparsi. Il presidente si è dunque dichiarato lieto di essersi allontanato da un Novecento che si è costruito sulle divisioni e sulle soperchierie ideologiche, durante il quale molti comunisti italiani erano persino andati (anche) nei Balcani a costruire il “paradiso in terra” combattendo dunque gli stessi italiani. Nel ricostruire la vicenda delle foibe, il presidente ha quindi ricordato le diverse interpretazioni storiche sulla vicenda: 1) il comunismo, trionfante in Yugoslavia, doveva stritolare qualsiasi forma di opposizione; 2) il nazionalismo totalizzante che non poteva ammettere altre etnie nel proprio territorio: ora, in Tito – ha spiegato Cimitile – c’erano entrambe queste componenti ideologiche che divennero una miscela esplosiva. Per lui, comunismo e nazionalismo si erano fusi nell’unico obiettivo di distruggere “l’altro” sia per costruire il “bel sol dell’avvenire” che una nuova nazione. C’è però anche una terza interpretazione storica di quelle foibe: la stessa presenza italiana nei Balcani che, durante il Fascismo, si macchiò di colpe e di nefandezze che innescarono le vendette posteriori. E tuttavia tali indubbie atrocità commesse dagli italiani non giustificano quanto avvenne dopo – ha rimarcato Cimitile: secondo il quale però i prodromi delle foibe vanno ricercate anche nella malattia razzista che prese gli italiani a partire dagli anni Venti. Quindi Cimitile ha detto: ricordare è costruire il futuro e solo ricordando noi potremo costruire una Europa democratica, libera e finalmente civile, senza più i totalitarismi paralizzanti che tanti lutti hanno portato ai cittadini. Il presidente ha infine espresso la propria fiducia che i giovani siano migliori dei vecchi e che sappiano costruire un mondo diverso da come lo hanno trovato.