L’ipercolesterolemia di per sè definisce un disordine del metabolismo lipidico prevalentemente a carico della quota di colesterolo, lasciando alla definizione di dislipidemia il più ampio contesto dei fenotipi misti come le ipercolesterolemie e/o ipertrigliceridemie su base genetica o per cause metaboliche.
Dove s’insinua la predisposizione genetica che spesso si sente associata a tali disordini?
Nell’ambito delle ipercolesterolemie primitive dovute a difetti mono o poli-genici le peggiori manifestazioni cliniche sono da ricondursi ai più alti livelli di colesterolemia LDL (LDL-C) a loro volta tanto maggiori quanto più raro il disordine genetico a monte, generalmente a carico del recettore specifico per il metabolismo del colesterolo LDL (LDLR).
Infatti se da una parte il genotipo eterozigote di tale disordine consente la diagnosi di una condizione clinica già ad alto rischio, dall’altra quello omozigote, sebbene raro, genera la malattia in forma ancora più grave ad altissimo rischio per evento cardiovascolare.
Può fornirci elementi di inquadramento diagnostico?
I dati della letteratura segnalano purtroppo una certa sottostima della diagnosi, tanto per la forma omozigote (HoFH) quanto per quella eterozigote (HeFH), imputabile ad una serie di elementi che coinvolgono spesso incertezze diagnostiche (nonostante criteri ben definiti sul piano clinico-laboratoristico) e ridotta aderenza del paziente.
Elemento chiave dell’inquadramento diagnostico di Ipercolesterolemia su base eredofamiliare e fattore discriminante fra I genotipi resta la quota di colesterolo LDL (LDL-C).
Generalmente la HoFH è associata a livelli di LDL-C >500 mg/dl già in giovane età e/o xantomatosi tendinea con arco corneale (evenienza moderata) nel contesto di una familiarità del probando già per genotipo eterozigote nei genitori. Queste informazioni vengono raccolte tramite anamnesi e riportate su un pannello diagnostico definito DUTCH Lipid-Clinic-Network-Score (DLCNS) utile a produrre un punteggio (da >3 fino a >8) tanto più alto quanto peggiore il profilo genetico del paziente in questione.
Quali rischi e perchè?
Posto che le manifestazioni cliniche della dislipidemia siano decisamente eterogenee perchè strettamente dipendenti dalla funzione recettoriale residua, quantomeno carente se recettore-difettiva, la nota importante consiste negli elevati se non elevatissimi livelli di LDL-C spesso già in età <18 anni con il rischio di malattia cardiovascolare precoce.
Tuttavia è necessario lo screening della patologia cardiovascolare associata, precisamente l’aterosclerosi in forma subclinica , che può avvalersi dell’imaging (dalla ecografia doppler alla radiologia con mezzo di contrasto come angioTAC o angioRMN) per approdare ai più evoluti approcci interventistici cardiologici su malattia. Resta, però, la necessità di far diagnosi precocementemassimizzando la terapia da subito e dove necessario anche in età pediatrica ragionevolmente a partire dai 10 anni di età e condiviso con branche specialistiche della cardiologia pediatrica.
Può darci in conclusione qualche nota terapeutica?
Il criterio clinico che ancora oggi definisce la scelta terapeutica (statina, statina+ezetimibe, lomitapide, anticorpi monoclonali anti-PCSK9, LDL-aferesi) è la necessaria rapida rimodulazione del “burden ateromasico” cioè del carico di particelle lipidiche aterogeniche responsabili della progressione ateroinfiammatoria di danno endoteliale con la possibile traduzione in malattia vasale aterosclerotica.
Non va dimenticato che la dieta povera di grassi, l’abolizione del fumo, la gestione dell’ipertensione e degli altri fattori di rischio, se presenti, restano elementi necessari per qualsiasi efficacia terapeutica.
Intervista riporta da IL SANNIO QUOTIDIANO del 4 maggio 2024