Se dal fondo si può solo risalire, allora si spera che questo fondo sia stato toccato con lo Spezia, evitando di sprofondare ancor più in basso e mettere in serio pericolo la salvezza e la conseguente permanenza in Serie A.
Difficile pensare che si sia trattato solo di una partita storta, una gara girata male, un passaggio a vuoto, un fuori giri senza strascichi.
Gli errori palesati sul rettangolo di gioco sono gli stessi che si ripetono da quando è iniziato il campionato e stanno diventando atavici. Non c’è interruzione di continuità. Non si riesce a spezzare un circolo vizioso che sta assumendo i contorni della pericolosità. Troppo semplice per gli avversari andare in rete. L’opposizione ai loro attacchi è sempre blanda, spesso inconsistente. E’ sufficiente un errore in fase di disimpegno, una palla persa a centrocampo e devi farti il segno della croce sperando che possa andar bene. Sono difficoltà oggettive che difficilmente possono essere giustificate con un “abbiamo sbagliato una partita”.
Questa volta è mancato l’attacco per compensare e coprire in parte i soliti blackout. Ma non è una cura ai problemi. E non è neppure solo una questione di mentalità e atteggiamento in campo. Quello è chiaro che debba esserci, specie per reagire ai momenti difficili e portare a casa il risultato. Ci sono però anche limiti tecnici. Il centrocampo è in forte difficoltà, sembra quasi un corpo estraneo e il peso delle due fasi non può essere lasciato tutto alla generosità e alle qualità di Pasquale Schiattarella. La sofferenza dietro è evidente: la difesa va troppo in affanno. C’è bisogno di maggior cattiveria in campo e di farsi sentire di più sul terreno di gioco. Non è possibile restare impassibili, in balia di arbitro e avversario e farsi sfilare da sotto al naso l’intero bottino. Non deve diventare un cliché.
Questa volta, per giunta, l’avversario era alla portata: una matricola come i giallorossi. Ma i liguri hanno dimostrato di aver capito in fretta come approcciare la massima serie, il ruolo da avere per restarci e i match da non fallire; oculata anche la scelta di avere una panchina lunga per sopperire agli infortuni e avere una scelta più ampia, come ha spiegato in più di un’occasione lo stesso tecnico degli aquilotti Vincenzo Italiano. Oltre alla qualità del gioco, pure la panchina ha fatto la differenza grazie a una rosa assemblata mettendo assieme calciatori affamati e di talento con veterani vogliosi di rimettersi in gioco.
Nel Benevento, invece, i nuovi acquisti non stanno facendo la differenza. E i cambi faticano a dare l’apporto sperato, anche perché il nuovo campionato va assimilato nelle sue pieghe. E’ evidente che il tecnico, al momento, si trova senza soluzioni valide e una matassa ingarbugliata da dover sbrogliare in fretta. Ciò che nella scorsa stagione funzionava bene, quest’anno sembra non essere efficace allo stesso modo.
L’unica medicina per uscire da questo impasse è quella indicata da Superpippo: il lavoro. Ma bisogna fare una lunga e attenta riflessione, analizzare fino in fondo i problemi, comprendere veramente gli errori e apportare rimedi efficaci, anche se dolorosi. Non c’è altro modo. E pensare al mercato di gennaio non è una soluzione praticabile ad horas.
Quattro gare perse consecutivamente (cinque con la Coppa Italia), mostrando i soliti limiti, iniziano a essere un fardello troppo pesante da sostenere e devono per forza indurre a una riflessione, a mettere in discussione certe scelte di gioco, ma anche di uomini in campo. In più bisogna preservare la tenuta mentale del gruppo, evitando depressioni che possano portare a vivere la gara della domenica come un vero calvario.
La sosta deve servire soprattutto per lavorare, ma anche come momento per poter riflettere e ritrovare la giusta serenità che, complice i risultati negativi, è venuta un po’ a mancare. Bisogna ritrovare quello spirito gladiatorio che ha permesso a questa squadra di ottenere risultati inimmaginabili con la consapevolezza che in questo campionato bisogna lottare non per vincerlo ma per salvarsi: insieme.
Di Edoardo Porcaro