Non una prova esaltante quella del Benevento questa sera al Vigorito nel terzo turno eliminatorio della Coppa Italia, contro un Empoli neppure così stratosferico come vorrebbe far credere il risultato (2-4 in favore dei toscani). I giallorossi hanno fatto il classico passo del gambero, snobbando un tantino la manifestazione tricolore.

I ragazzi di Dionisi hanno disputato la loro onesta partita. Poi è naturale che se commetti errori e concedi spazi e opportunità diventa dura contro qualunque avversario. Prima una ripartenza che porta in rete Olivieri, poi un cecchino come Mancuso lasciato più di una volta libero di prendere la mira e centrare il bersaglio. Tutto molto semplice per uno come lui metterla in buca d’angolo: prima con un preciso diagonale, poi con un colpo di testa morbidissimo dopo che sia Manfredini, sia Maggio bucano l’intervento. Una prova di forza, invece, il tris dell’attaccante cresciuto nelle giovanili del Milan, che resiste ad un contrasto sottoporta e poi arma il destro che piega le mani a Manfredini, apparso davvero l’uomo sbagliato al posto sbagliato in un mesto pomeriggio di fine ottobre reso ancor più triste dalle nuove disposizioni governative per un’epidemia che sta prendendo nuovamente il sopravvento.

Tutto molto facile per i ragazzi di Dionisi, contro una squadra che non ha mai alzato i ritmi per impensierire l’avversario e affondare il colpo su una gara che avrebbe potuto far sua in qualunque momento. Benevento troppo infarcito di riserve? Sarà! Ma l’atteggiamento non è stato dei migliori. Il tecnico non sarà certamente contento della prova dei suoi ragazzi. Forse sperava di cogliere dei segnali positivi proprio da chi ha giocato meno finora. In fondo, per centrare gli obiettivi ha bisogno del supporto di tutta la rosa. La sola consolazione è che si è trattata di una sconfitta indolore. Anche se sarebbe stato bello comunque proseguire.

Adesso testa al campionato, c’è una salvezza da conquistare. Il solo vero obiettivo da dover centrare: con freddezza, determinazione e concentrazione. Perché la Serie A non fa sconti. E non presenta appelli.

di Edoardo Porcaro