Il decimo incontro di CIVES si è tenuto ieri in videoconferenza presso il Centro di Cultura “Raffaele Calabria” con l’atteso intervento dell’ex Ministro del Lavoro Enrico Giovannini, docente di Statistica economica presso l’Università di Roma “Tor Vergata” ed attuale portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.
Nell’introdurre i lavori Ettore Rossi direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Diocesi di Benevento ha ricordato il modello delle cinque “P” che caratterizza gli obiettivi di sviluppo sostenibile che le Nazioni Unite hanno fissato di raggiungere entro il 2030: persone, pianeta, prosperità, pace e partnership. Rossi ha poi ricordato che tali obiettivi in buona parte hanno una comune ispirazione con quanto scritto da Papa Francesco nell’enciclica Laudato sì, dove appunto il Pontefice afferma che bisogna ascoltare tanto il grido della terra quanto quello dei poveri, in un rapporto inscindibile tra dimensione ecologica e dimensione sociale. E’ la prospettiva dell’ecologia integrale. “La cittadinanza attiva – ha continuato il direttore Rossi – può giocare un ruolo molto importante nel sollecitare la scelta per l’economia circolare e per l’attuazione della transizione ecologica a livello planetario ma anche nelle nostre città, come stanno dimostrando i ragazzi con i loro scioperi globali per il clima”.
Il futuro non è scritto, mentre è in atto un conflitto tra i “figli del PIL” e i “figli dell’Antropocene”, cioè dell’uomo che genera il cambiamento. Il termine è mutuato dal premio Nobel per la chimica atmosferica Paul Crutzen e sottintende all’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre è fortemente condizionato, a scala sia locale sia globale, dagli effetti dell’azione umana. Il futuro, almeno quanto la definizione data del termine, appare di difficile interpretazione ma, “dipende da noi, dalla visione che abbiamo del mondo e del progresso”. Questa la sfida nelle parole dell’ex ministro che conosce l’attitudine delle persone al cambiamento, per i dati statistici acquisiti. I “figli del PIL” immaginano il cambiamento in una realtà utopica futura, in un universo altro che non ci riguarda o che per il momento ci lambisce appena. Ormai il futuro è qui; le proiezioni del 1944 che, puntando alla produzione in termini di quantità, ipotizzavano benessere per le masse sono state di fatto smentite e sopraffatte dai dati, prima ancora che da nuove teorie olistiche di crescita per l’umanità. “Oggi tutti i parametri economici su sui si puntava per la felicità e il benessere sono ai massimi storici, tranne quelli ambientali; dal dopoguerra in poi abbiamo assistito al boom economico e alla apparente serenità di quanti lo hanno prodotto e vissuto”, sostiene Giovannini che lamenta come, nonostante la crescita, ci manchi un vero senso di compiutezza. “Gli economisti”- riferisce l’ex direttore dell’OCSE- non sono stati in grado di dare il giusto peso alle cosiddette “esternalità” o agli effetti negativi connessi alla crescita, che avrebbero dovuto essere messi in conto per porvi rimedio. Per loro e per i loro errori di valutazione è stata coniata l’espressione “Se pensi che in un mondo finito la crescita possa essere infinita o sei scemo o sei un economista” . Sono sotto gli occhi di tutti i danni prodotti da un tale filone di pensiero, ma per quanti volessero avere dati statistici a supporto, l’invito dell’ex presidente dell’ISTAT è a leggere il Global Risk Report 2019 da cui si evince come tra i fenomeni più critici sia annoverato il cambiamento climatico e non più la sola crisi economica. Sono i giovani ad avvertirne maggiormente l’impatto forse dopo i Fridays for Future promossi da Greta Thurnberg. “Potremo uscirne? “ Non vi sono ricette”, tiene a precisare il docente, ma ciò che è certo è che abbiamo diverse traiettorie possibili e che il punto di arrivo, proprio come nel labirinto di Minosse, dipende da quella che pensiamo di intraprendere. La strada più facile sembra essere quella del “Business as usual”: continuiamo a fare esattamente ciò che stiamo facendo e restiamo a guardare ciò che succede. Andremo probabilmente a sbattere. Fare molto di più sui 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (obiettivi dell’Agenda ONU 2030), che è un piano integrato per cambiare il mondo. E avviarsi verso politiche trasformative che si traducano in una sterzata enorme per raggiungere uno sviluppo sostenibile. Quest’ultimo potrebbe essere il sentiero più giusto e condivisibile: smettiamo le emissioni nocive e catturiamo quelle già messe in circolo. Possiamo riuscirci, promette l’economista, a patto di virare prontamente e con vigore verso gli obiettivi prefissi. La crisi climatica è il più grande fallimento della storia dell’umanità. Dietro tutto questo c’è una questione etica. La buona notizia è che l’Europa ha posto l’Agenda dell’ONU al centro delle proprie politiche, per cui vedremo cosa riuscirà a realizzare. L’Italia fa abbastanza bene sui goal 7 e 12 dell’Agenda ONU (promozione dell’energia sostenibile e sul consumo e produzione responsabile), ma occorre un approccio olistico, così come invita Papa Francesco nella “Laudato sì”, e precedentemente Menenio Agrippa, citati da Giovannini quando, nel parlare dell’ordinamento sociale romano, lo paragonò metaforicamente ad un corpo umano nel quale, come in tutti gli insiemi costituiti da parti connesse tra loro, gli organi sopravvivono solo se collaborano e, diversamente, periscono.
Dunque, visione retrotopica (nel senso inteso da Bauman di un nostalgico volgersi a guardare il passato) o utopica (alla ricerca del nuovo)? Giovannini si dice sognatore e confida in un’utopia sostenibile che guidi il cambiamento verso un nuovo modello di sviluppo. Un cambiamento in cui le tre dimensioni costituite da donne, giovani e innovazione sommate a un’Agenda urbana calibrata sulle potenzialità e sulle esigenze territoriali trovino il gusto e il giusto spazio per far ripartire un’economia incentrata sulle persone, in cui nessuno sia lasciato indietro; avviino l’Europa all’era digitale, la rendano più forte nel mondo e capace di fornire nuova linfa alla democrazia.
Il Prof. Giovannini ha, inoltre ricordato due proposte molto interessanti avanzate dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo sostenibile: la prima è la creazione in Italia di un istituto pubblico sul futuro alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, in quanto il nostro Paese è uno dei pochi tra quelli avanzati che ancora non dispone di una struttura che studi le tendenze del futuro sul piano economico, ambientale e tecnologico; la seconda è l’inserimento nella Costituzione Italiana del principio dello sviluppo sostenibile.