Quando il presidente del Consiglio regionale della Campania, Sandra Lonardo, arriva nel palazzo di Giustizia di Napoli, iri pomeriggio, pioveva. Mancavano venti minuti alle 16.
I suoi avvocati, Severino Nappi e Alfonso Furgiuel, hanno scambiato qualche battuta con i giornalisti e sono stati lapidari: “Su trenta capi di imputazione contestati dalla Procura soltanto tre riguardano la signora Lonardo. E soltanto per due il gip ha emesso la misura del divieto di dimora”. La prima: una consulenza risalente al 2002; la seconda: l’ipotesi di associazione per delinquere, nella quale, tuttavia “alla Lonardo non viene contestato alcuno dei reati come corruzione, turbativa d’asta eccetera, indicati nel capo di imputazione”.
Il giorno dell’interrogatorio è lo stesso in cui Ceppaloni s’interroga davanti ai titoloni dei quotidiani. Diluvia anche sul piccolo paese sannita, feudo e cuore della storia politica di Clemente e Sandra Mastella, da 30 anni residenti illustri nella loro villa dove, negli anni d’oro, giungevano premier, ministri e divi dello spettacolo per festeggiare l’anniversario di matrimonio della coppia. La gente è sotto choc e c’è chi parla di persecuzione, “proprio ora che il partito si stava riorganizzando”. La maggior parte, però, sostiene che “i Mastella sapranno dimostrare la loro innocenza”.
Ieri era la prima tappa per Sandra Lonardo, al 14esimo piano della Torre B del palazzo di giustizia, davanti al giudice per le indagini preliminari, Anna Laura Alfano. O meglio, doveva essere, perché il presidente del consiglio regionale ha chiesto e ottenuto una cortesia dai magistrati napoletani. “Sono a vostra completa disposizione per offrire chiarimenti sugli addebiti contestati, ma mi occorre del tempo per esaminare il contenuto delle oltre 900 pagine dell’ordinanza”. Una richiesta che il gip ha accolto rinviando l’interrogatorio di garanzia che sarà fissato nei prossimi giorni. Una stretta di mano, un sorriso abozzato e via, 20 minuti dopo, dribblando microfoni, taccuini e telecamere, verso la dimora che la ospita in esilio fuori dalla Campania e fuori dalle province prossime a quelle della sua regione.
I commenti del «Day-after» arrivano solo attraverso la sua bacheca di Facebook, dove i sostenitori del Campanile hanno “postato” centinaia di messaggi di sostegno e solidarietà.
E allora, Sandra si sfoga. “Non ho mai gestito appalti”, scrive. “Non ho mai preso una lira da nessuno”, rilancia aggiungendo cinque punti esclamativi alla sua frase. E poi: “Non ho mai condizianato nessuno”. Il presidente del consiglio regionale si difende così dalle accuse che le vengono rivolte dalla magistratura, che indaga sulle raccomandazioni e gli appalti legati all’Arpac.
“Grazie per i commenti che state lasciando sulla bacheca”, scrive il presidente «espulso» dalla Campania. “Vi sono grata per l’affetto che mi state dimostrando.Con l’aiuto del Signore, troverò il bandolo della matassa. Cerco di contrastare un effetto mediatico distorto, vogliono farci passare per quelli che gestiscono chissà quali appalti”.
Nella bacheca c’è anche la lettera scritta dopo la “visita” dei carabinieri a Ceppaloni e la certezza di “essere pulita”. Lei, come suo marito, sottolinea. Eppoi un particolare, che politicamente diventa rilevante. “Non ho alcuna intenzione di dimettermi dalla presidenza del consiglio regionale”. Anzi, “ho fatto il massimo per esaltare il ruolo del Consiglio e per lavorare per il bene dei cittadini… Ritengo non sia giusto dimettermi”, fa sapere attraverso il suo portavoce Alberto Borrelli.
Sbatte i pugni anche Antonio Fantini, ex presidente della Regione, ex segretario regionale dell’Udeur e anche lui indagato dalla Procura di Napoli per gli appalti legati all’agenzia regionale per l’ambiente. “Rispetto il lavoro dei magistrati e mi difenderò nelle giuste sedi secondo i canoni giuridici”, dice. “Sono convinto di poter chiarire la mia posizione e di dimostrare la mia totale estranietà ai fatti che mi sono stati contestati”. A Milano, gli “udierrini” annunciano di volersi incatenare in piazza Duomo perché “i Mastella sono vittime sacrificali di un sistema che, per soddisfare il desiderio di moralità dell’opinione pubblica, offre in pasto un capro espiatorio per salvare se stesso”, cosa che ovviamente non pensano i magistrati, per i quali Sandra e Clemente sono i “dominus” dell’organizzazione a delinquere che ha gestito per procurarsi vantaggi economici e di clientela politica nomine e appalti dell’Arpac. Una tesi che sulla quale saranno chiamati a rispondere, nelle prossime ore, 25 dei 63 indagati.
fonte: metropolisweb.it