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Arcos, sabato 19 l’inaugurazione di “Donne”

Scritto da il 16 gennaio 2019 alle 08:33 e archiviato sotto la voce Cultura & Spettacoli, Foto, Primo Piano. Qualsiasi risposta puo´ essere seguita tramite RSS 2.0. Puoi rispondere o tracciare questa voce

Arcos, sabato 19 l’inaugurazione di “Donne”

Sabato 19 gennaio alle ore 16,30, presso il Museo Arcos di Benevento, si terrà il vernissage della mostra “Donne” con opere di Vishka e Amir Sabet Azar, giovani artisti iraniani. A cura del direttore artistico Ferdinando Creta, la mostra apre la programmazione 2019 del Museo della provincia di Benevento, in via di definizione. Dopo il programma di mostre e di eventi degli anni passati, rivolto a riaccendere il dibattito sui movimenti e le personalità che hanno animato il dibattito delle arti a Napoli e in Campania, nei decenni del secondo dopoguerra, e dopo il positivo riscontro di critica e di pubblico di “A Key for Humanity”, mostra personale dell’artista italo – albanese Alfred Mirashi Milot, con il servizio dedicatole da Rai1 il 25 dicembre scorso, Donne rappresenta un altro tentativo di dialogo con altre culture.  Vishka e Amir sono due fratelli che, al momento, assistiti dal maestro Peppe Leone e ospiti della signora Scrocco, vivono in una residenza d’artista dell’amministrazione comunale di Buonalbergo, dove sembra abbiano trovato l’habitat ideale per realizzare le loro opere. In quella Buonalbergo, dove nel secolo scorso già un’altra artista straniera (rumena) dipinse donne: Virginia Tomescu Scrocco, alla quale questa mostra, tra l’altro, vuole essere un omaggio.

Lo scorso anno hanno esposto alla Fondazione Mazzullo, nella prestigiosa sede del Palazzo dei Duchi di Santo Stefano a Taormina, per la mostra I Grandi di Persia, con la presentazione critica di Vittorio Sgarbi, e ancor prima a Padova nelle sale del Palazzo della Ragione, nell’ambito del festival Babele a Nord-Est, sempre a cura di Vittorio Sgarbi, per l’evento La condizione della donna in Iran e altrove. Continua nella mostra beneventana il tema del dialogo tra la civiltà occidentale e quella iraniana all’insegna del rispetto delle rispettive identità culturali e della difesa dei diritti della donna. “Da bambini – confida Vishka – dipingevamo e cercavamo di salvare i ricordi e le nostalgie con il linguaggio dei colori”, gli stessi che oggi vivono in assoluto equilibrio nella tavolozza di Vishka e Amir. Su incoraggiamento dei genitori, frequentano, giovanissimi, prima corsi di pittura e poi l’Accademia di Belle Arti. Figli di una condizione culturale, politica e religiosa, mediorientale, con tutti i conflitti che essa racchiude, i due artisti, attingendo a quest’ampio patrimonio culturale, s’informano a una sorta di forma poetica islamica, sviluppando un dialogo interiore dove l’anima si eleva per esporsi in un pensiero d’arte.

I dipinti di Vhiska e Amir, nelle loro seduzioni evocative, si connettono alle frequenze della contemporaneità, denunciando temi cogenti come la difesa dei diritti umani e il rispetto della dignità della donna nella società globale. Come per altri artisti del Medio Oriente la scelta dell’arte figurativa scaturisce dalla necessità di incidere sulla realtà per coinvolgere l’osservatore nel processo artistico. Forse è questa necessità che spinge Vishka e Amir, attraverso un’azione creativa liberatoria, a ricercare una nuova identità che coniughi la nostra cultura con quella della loro origine. Io e Amir insieme – dice Vishka – abbiamo scelto il tema della donna; tutto ciò che muove la vita è legato alla riproduzione e alla nascita, nella cultura mediorientale, alla Dea Madre, alla donna nel suo ruolo di femmina, anche se le donne che dipinge Amir sono diverse da quelle di Vishka. Mentre Amir rappresenta le donne figlie della guerra nei loro ricordi e nelle loro nostalgie, donne tristi che vivono nel passato nella speranza di un futuro, Vishka dipinge la denuncia, donne ombre nella strada, donne che hanno perso se stesse per cercare la felicità, donne che non esistono per la società, donne senza voce, femmine che, senza essere madri, hanno prestato il proprio corpo per procreare. In un italiano affaticato Amir e Vishka spiegano la filosofia dei loro quadri: nei loro discorsi e nella loro pittura è forte e chiaro il concetto di pace e di libertà. Lavorano da qualche tempo sul tema della pace e non amano essere definiti iraniani, nome imposto dal governo, mentre preferiscono il nome d’origine: Persia, nel ricordo della grande civiltà di Ciro il Grande, 3.000 anni fa già parlava di libertà delle religioni e delle culture e soprattutto di libertà della donna.

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