Concerto per la «Giornata mondiale del Rifugiato», domenica 18 giugno, alle ore 10.30, presso l’Auditorium «Gianni Vergineo» nel Complesso monumentale di Santa Sofia, Patrimonio dell’Umanità.
Ad organizzarlo il Club per l’UNESCO di Benevento e la Provincia di Benevento per l’appuntamento annuale voluto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che da oltre dieci anni ha come obiettivo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla condizione, spesso sconosciuta ai più, di questa particolare categoria di migranti.
Protagonisti dell’evento saranno i giovani musicisti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, allievi della classe del Maestro Carlo Fabiano, che proporranno due autentici capolavori del repertorio cameristico.
Il Presidente della Provincia di Benevento Claudio Ricci si è detto onorato di poter ospitare un evento di tale rilievo dal punto di vista dei valori etici e civili, sotto l’egida delle Nazioni Unite, e di così elevato valore culturale ed artistico. Ricci ha ringraziato il Club per l’Unesco e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia per aver voluto coinvolgere il Sannio e lo stesso Ente Provincia nel progetto.
Stefania Argentieri al pianoforte, Roberta Lioy al violino e Vincenzo Lioy al violoncello eseguiranno il «Trio n. 3 in do minore per archi e pianoforte, op. 101» di Johannes Brahms (1833–1897), pagina che si staglia, non solo nell’ambito dei trii, per i contorni netti e definiti di contenuti musicali potenti ed efficaci, e al tempo stesso concisi e compatti. L’originalità dell’invenzione, il piglio energico di stampo beethoveniano lo struggente lirismo di alcuni passaggi fecero così commentare Clara Schumann nel suo diario: «…Che lavoro! Assolutamente geniale per passione, forza di idee, grazia e poesia! Prima d’ora nessun’altra opera di Brahms mi ha tanto trascinato… Stasera sono felice come non lo ero da tempo».
Stefania Argentieri (pianoforte), Roberta Lioy (violino I), Matteo Bovo (violino II), Vincenzo Starace (viola) ed Emilio Mottola (violoncello) daranno vita al «Quintetto in sol minore per archi e pianoforte, op. 57» di Dmitri Shostakovich(1906–1975), una delle opere più significative dei nuovi ideali di chiarezza e di semplicità verso cui si rivolse la musica del compositore russo dopo lo sperimentalismo degli anni giovanili. «La limpidezza dell’impianto costruttivo, la linearità dell’invenzione e dell’elaborazione tematica, la trasparenza degli intrecci contrappuntistici, la sobria eleganza della veste timbrica - annotava il musicologo Gian Piero Francia - conferiscono al lavoro un senso di impeccabile scorrevolezza, tale da farci chiedere se quello della “facilità”, piuttosto che un limite o un fine imposti in determinate circostanze storiche dalle esigenze di chi ascolta, non sia il dono che Sciostakovic sempre possiede nel distendere la sua scrittura musicale».