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Imprese cunicole, la De Girolamo chiede l’intervento del Governo

Scritto da il 22 settembre 2009 alle 18:02 e archiviato sotto la voce Attualità. Qualsiasi risposta puo´ essere seguita tramite RSS 2.0. Puoi rispondere o tracciare questa voce

“Da oltre due anni il settore dell’allevamento nazionale del coniglio da carne è in crisi e si sta verificando un drastico ridimensionamento delle imprese cunicole, nonostante i consumi nazionali siano in costante, seppur graduale, crescita. Credo, quindi, sia necessario un intervento del Governo
per difendere e tutelare le nostre aziende”.
Così la parlamentare sannita Nunzia De Girolamo, coordinatrice provinciale del PdL a Benevento e componente della Direzione nazionale del partito di Berlusconi, che sulla questione ha presentato una risoluzione in commissione Agricoltura della Camera dei Deputati.
Numerose le carenze e le difficoltà del settore evidenziate dalla deputata del PdL nella premessa della risoluzione che ora dovrà essere discussa in Commissione: “Da oltre due anni è stata immessa al consumo una crescente quantità di carni di coniglio importate, prive delle indicazioni dei
requisiti di qualità e soprattutto dell’indicazione in etichetta dei Paesi di allevamento di origine; le quotazioni del coniglio vivo nel corso del 2007 sono scese del 16 per cento a fronte di un incremento dei costi generali, in particolare dei mangimi, con una perdita per gli allevatori di
oltre 0,30 euro per chilogrammo di coniglio vivo prodotto; dall’inizio del 2009, dopo una discreta ripresa e pur in presenza di una contrazione dell’offerta nazionale, i listini sono ulteriormente crollati; con un costo di produzione di circa 1,80 euro al chilo ed un prezzo di vendita dei
conigli da macello di 1,50 euro al chilo si produce una perdita per gli allevatori di 0,30 euro al chilo; fino al 2007 la cunicoltura italiana deteneva il primato di produzione a livello comunitario ed europeo, con 93.500 tonnellate di prodotto, equivalente a 67,5 milioni di capi all’anno,
pari al 54 per cento del totale della produzione, mentre a livello mondiale era seconda soltanto alla Cina; prima della crisi, in Italia, si contavano circa 5.000 allevamenti cunicoli, di cui 1.600 professionali, 51 macelli con bollo CEE e 14 mangimifici medio grandi; circa il 60 per cento-70 per cento del consumo nazionale di carni di coniglio è concentrato nelle aree campane,
siciliane, pugliesi, laziali, mentre la struttura produttiva vede talune grosse aziende al nord del Paese (Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna), industrializzate e in grado di gestire l’intera filiera (dalla produzione di mangime alla macellazione) e numerose aziende medio-piccole
sparse su tutto il territorio nazionale; la crisi del settore è stata immediatamente posta sotto osservazione dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali mediante l’attivazione del tavolo della filiera cunicola nel settembre 2008”.
Dunque, una lunga e dettagliata premessa per impegnare il Governo “a valutare quanto esposto in premessa e a dichiarare, con urgenza, lo stato di crisi per il settore cunicolo, attivando le risorse del Fondo per le crisi di mercato di cui all’articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296, per il rilancio del comparto e per il sostegno del reddito degli allevatori; ad avviare, nell’ambito dei propri poteri, una campagna di controlli per reprimere le vendite sottocosto e la vendita di carne di coniglio di provenienza estera e presentata come prodotto made in Italy; in
generale, a promuovere anche mediante l’Autorità garante per la sorveglianza dei prezzi, le necessarie iniziative per il controllo dei prezzi nel settore cunicolo; ad adottare apposite misure per l’etichettatura e la tracciabilità obbligatoria delle carni di coniglio prodotte in Italia, come più volte
sollecitato dal Parlamento; ad adottare strumenti idonei per consentire un rapido accesso ai credito in favore degli allevamenti cunicoli in stato di crisi, tramite prestiti garantiti dall’Ismea, anche al fine di diluire le passività accumulate e ristrutturare il debito, ivi compreso quello delle
aziende cunicole insolventi, nel medio e lungo periodo; a garantire la trasparenza nella formazione dei prezzi all’ingrosso nell’ambito delle Borse merci attraverso la definizione con le Camere di commercio e la Borsa telematica di un diverso sistema di rilevazione delle quotazioni dei
conigli, con una periodicità più lunga, possibilmente trimestrale, in linea con le esigenze della moderna distribuzione e l’individuazione di un mercato unico nazionale più neutrale e trasparente”.
DeGirolamo4

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