Analizza lucidamente la gara col Matera il difensore centrale del Benevento Calcio, Fabio Lucioni. Non sa spiegarsi il perché la squadra abbia giocato sotto tono il secondo tempo. Ma allo stesso tempo non vuole accampare scuse, solo riprendere a lavorare e a volare basso.
“Quando ci sono prestazioni del genere – dice il difensore giallorosso – accampare scuse diventa molto difficile. Ma la squadra ha mostrato carattere, perché recuperare dall’1-3 non è facile. Dobbiamo riguardare bene il secondo tempo e analizzare cosa sia successo, perché eravamo in vantaggio e con la superiorità e non dovevamo scoprirci in quel modo. Abbiamo concesso 5 o 6 ripartenze ai nostri avversari, alcune delle quali letali. Poi abbiamo reagito e l’abbiamo ripresa.
Paura? Non ne abbiamo avuta. Sono gli altri che ne devono avere quando vengono qui e visto che siamo secondi. Forse più un eccesso di sicurezza. Esci dagli spogliatoi con un uomo in più e la partita in pugno. Dopo aver subito l’1-1 abbiamo voluto fare subito il 2-1 e questo l’abbiamo pagato prestando il fianco alle ripartenze dell’avversario. Purtroppo sapevamo che questo era il loro modo di giocare, il loro punto di forza. Nonostante ciò, purtroppo, non siamo riusciti ad evitarlo. Il Matera ha comunque una buona squadra con giocatori provenienti anche dalla B. Noi ci abbiamo provato, creando 6 o 7 palle gol. Abbiamo costruito e purtroppo anche sprecato tanto.
La condizione fisica nostra c’era, lo dimostra il fatto che loro sono usciti con i crampi.
Nel finale ho provato a fare gol. Lo inseguo da tanto, ma Baiocco c’è arrivato. Ho pensato di prenderlo in controtempo, ma lui è riuscita a prenderla. Ha fatto il suo: sta lì per parare.
Troppi gol presi? Probabilmente c’è stato un calo di attenzione. In questa categoria è importante essere attenti e concentrati in ogni istante della gara perché spesso anche se sei inferiore all’avversario puoi batterlo con la giusta attenzione. Bisogna tornare con i piedi per terra, ricordando che la seconda posizione non ce l’ha regalata nessuno, ma è stata frutto del nostro lavoro”.
di Edoardo Porcaro