Si è svolta giovedì 7 novembre la prolusione ufficiale della settima edizione di “Cives – Laboratorio di Formazione al Bene Comune”, consolidato appuntamento della Diocesi di Benevento promosso dall’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro, in sinergia con l’Università Cattolica del Sacro Cuore ed il Centro di Cultura “Raffaele Calabria”.
Una prolusione ampiamente partecipata, con autorevoli interventi che hanno introdotto i temi di questa edizione del Laboratorio, partendo dal più urgente: quello del lavoro. Come introdotto da Pasquale Gallucci Presidente del Centro di Cultura R. Calabria: “Il progetto formativo CIVES che ci avviamo a condurre è costruito sul capire e sul trasformare. Capire è fondamentale, affinché si evitino improvvisazioni incontrollate. Il mio personale augurio a voi partecipanti è che le vostre motivazioni trovino, in questo percorso, riscontri e soddisfazioni.”
L’iniziativa è stata poi presentata nei suoi particolari da Ettore Rossi (Direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Diocesi di Benevento), il quale ha precisato le motivazioni che hanno determinato la scelta dei temi di quest’anno: “Abbiamo scelto una delle idee fondamentali del pontificato di Papa Francesco, le periferie geografiche ed esistenziali, il quale ci invita costantemente ad uscire dalle nostre comunità per andare incontro agli altri. La realtà si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie. Come emerge dal rapporto-proposta Per il Lavoro a cura del Progetto Culturale della CEI, dobbiamo concentrare i nostri sforzi per riscoprire il lavoro ben fatto, alla riscoperta del lavoro artigianale e puntando sulla valorizzazione del nostro patrimonio artistico-culturale e quello scientifico-tecnologico.”
Dopo l’introduzione al Laboratorio Cives, si è svolto l’intervento del prof. Sergio Belardinelli (Docente di Sociologia dei processi culturali e coordinatore del Rapporto-Proposta sul lavoro del Progetto Culturale della CEI): “Il Rapporto – ha precisato il docente – non credo vada verso una direzione scontata. Esso pone l’accento sulla progressiva perdita di senso del lavoro stesso, che è il vero, grande, problema di oggi. Si tratta del lato soggettivo del lavoro. La sua grandezza antropologica, infatti, consiste nel fatto che il lavoratore mette in quello che produce la propria vita. Senza questa consapevolezza, come si può pensare di educare al lavoro ben fatto?”. A partire da questa appassionata analisi, l’intervento di Belardinelli si è poi soffermato sulle possibili soluzioni, che questo nostro Paese non sembra però ancora aver recepito: “Coltivare il lavoro di ricerca è una prerogativa alla quale non possiamo permetterci di rinunciare, perché è l’anticamera dell’innovazione e della creazione di posti di lavoro qualificati. Come, del resto, il nostro patrimonio artistico e paesaggistico, che gode di talmente tanta bellezza che è troppo importante per non essere tenuto in considerazione. Qui c’è bisogno di una grande alleanza per il lavoro tra imprese, sindacati, chiesa… ,affinché la crisi possa davvero trasformarsi in opportunità”.
Una lucida disanima anche quella del prof. Giuseppe Acocella (Docente di Filosofia del Diritto e coordinatore della V commissione per le politiche sociali del C.N.E.L.), il quale ha individuato chiaramente alcune delle cause che impediscono sia l’occupazione che gli investimenti nel capitale umano: “Siamo al centro di un forte processo di deindustrializzazione, sul quale non possono evitare di interferire altri problemi come la pressione fiscale, ormai giunta a livelli insostenibili, e una mancata resa funzionale dell’amministrazione pubblica. Riguardo il capitale umano, la formazione nelle nostre regioni possiamo ritenere sia coerente? Inoltre, quanto sono possibili politiche attive del lavoro, senza adeguate risorse? Solo il puntare sull’innovazione può permetterci di contrastare fenomeni quali la fuga dei cervelli e i neet.”
Un filo rosso, dunque, al quale si è collegato anche l’intervento di Annamaria Furlan (Segretaria Confederale Nazionale della CISL), che precisa: “Il sistema lavoro cede nel momento in cui si arriva a pensare che la produzione della ricchezza può avvenire anche senza di esso, ma con la prevalenza della finanza speculativa. In questo caso anche i luoghi del lavoro perdono identità. Come possiamo creare una nuova comunità globale del lavoro? Le parole d’ordine devono essere qualità, innovazione, ricerca. Il lavoro deve essere visto come elemento di prospettiva, di sogno, un riflesso del diritto di cambiare il mondo. E su questi temi le istituzioni stanno dimostrando davvero poca responsabilità, mentre il ritardo culturale italiano è soprattutto sulla partecipazione, perché non si arriva a capire che essa porta inevitabilmente con sé il senso di responsabilità.”
L’incontro si è concluso con l’intervento di Mons. Pompilio Cristino (Vicario Generale della Diocesi di Benevento), il quale ha sottolineato che la Chiesa locale con l’esperienza di Cives si pone al servizio della comunità ed ha insisto sul bisogno di ridare speranza e sulla necessità di nuove alleanze sinergiche, in prospettiva di una nuova presa di coscienza che trovi concretezza nelle ormai celebri parole di Papa Francesco a Cagliari: “Signore, insegnaci a lottare per il lavoro”.