Travalica i confini della decenza quanto accaduto ieri sera nel corso del derby tra Avellino e Benevento.
E no, questa volta non parliamo di comportamenti avvenuti in campo oppure di lancio di fumogeni e/o altro dagli spalti. Parliamo di un gesto ben più grave per il significato ad esso sotteso e il messaggio che avrebbe voluto mandare l’autore.
Dagli spalti del Partenio-Lombardi, infatti, è spuntata fuori una immagine raffigurante Anna Frank con la maglia giallorossa del Benevento.
Lo sfottò, anche quello meno signorile diciamo così, spesso dà colore alle partite di calcio, a maggior ragione a un derby. E fin qui potremmo trovarci tutti d’accordo. Ma utilizzare il volto di una ragazzina divenuta simbolo della crudeltà dell’antisemitismo che ha caratterizzato la Seconda Guerra Mondiale è qualcosa che va oltre, che travalica i confini non solo dello sfottò, del campanilismo, della decenza ma dell’umanità.
E, giusto per informazione per quello sparuto gruppo di tifosi irpini – perché crediamo che la stragrande maggioranza intenda dissociarsi da una roba del genere -, essere paragonati ad Anna Frank, così come a tutte quelle persone che con dignità hanno subito uno dei crimini più atroci da quando se ne ha memoria, è un onore. E chi non lo ha capito è solo un povero ignorante.
Noi siamo sempre Anna Frank.