Il tema del fine vita è tornato di recente alla ribalta sia con la decisione del Tribunale di Roma, che ha stabilito che si può chiedere lo stop alle cure anche senza Testamento biologico ma con la volontà espressa, sia con la sentenza della Consulta, la quale ha affermato che non è punibile chi agevola il suicidio nei casi estremi come quelli del Dj Fabo. Su questa tematica ha espresso il suo parere da giurista il magnifico rettore dell’Università Giustino Fortunato, Prof. Angelo Scala, che all’ateneo telematico sannita insegna Diritto Processuale Civile.
È “un tema ancora aperto su cui, senza pregiudizi – ha osservato il Prof. Scala – secondo me è possibile trovare un punto di equilibrio tra le diverse sensibilità religiose morali e giuridiche”. La Corte Costituzionale ha aperto la strada, ha aggiunto, verso “una soluzione equilibrata ma c’è ancora da lavorare”. In prima battuta, ha rilevato il prof. Scala, “occorre osservare come la Corte Costituzionale sia intervenuta in una materia nella quale aveva più volte sollecitato l’intervento del legislatore, ponendo così il delicato problema di stabilire se in questa materia sia opportuno e necessario un intervento legislativo che, in quanto tale, rischia di frustrare i valori di una parte della comunità, ovvero non sia più opportuno affidarsi a una logica del caso per il caso, lasciando ai giudici la sensibilità di valutare sulla base dei principi generali dell’ordinamento le singole fattispecie, di volta in volta, sottoposte al loro esame”. In ogni caso, ha concluso, “è da apprezzare la prudenza della Corte che, pur ritenendo, in alcune circostanze non punibile colui il quale aiuti un soggetto a finire la propria esistenza, ha evitato di evocare i principi generali e assoluti che, se intesi in senso troppo estremo, possono condurre a rischi di vero e proprio abuso”.