di Edoardo Porcaro
Il Benevento si è lasciato alle spalle una settimana difficile, complicata sotto ogni punto di vista. La tragica scomparsa di Davide Astori ha distolto lo sguardo e la concentrazione dalle partite. E tutto è passato in secondo piano, come giusto che fosse. Per una volta lo spettacolo non è andato avanti: “the show don’t must go on”, “negando” le parole dei Queen e di Freddie Mercury. Il grande carrozzone del calcio si è fermato (tutto) per una volta, riprendendo solo nello scorso fine settimana. Ha lasciato spazio ai sentimenti e alle emozioni, quelle vere, senza veli, ma nude e crude. Ha permesso a tutti di elaborare quello che era accaduto.
Giusto così. Giusto fermarsi a riflettere, almeno per una domenica, e portare in primo piano una disgrazia, una tragedia, un evento fatale che ha spezzato per sempre la vita di una persona, interrompendo bruscamente i suoi sogni e i suoi progetti di vita, sottraendolo da un giorno all’altro all’affetto della sua famiglia e impedendogli di essere vicino a sua figlia e alla compagna. Storie, scene e spaccato di vita quotidiana. Che rattristano, angosciano, lasciano un vuoto enorme. Davide mancherà, soprattutto ai suoi cari. Ma il mondo del calcio glielo doveva. Doveva fermarsi. Non poteva restare indifferente davanti a una tragedia assurda, ma mostrargli rispetto e onorare la sua memoria fino in fondo, stare vicino alla sua famiglia, lanciare un segnale forte di senso di appartenenza e di unità d’intenti, far capire che Davide non c’è più e che i supereroi non esistono nel mondo reale. Esistono le persone, i sorrisi, i valori, i sentimenti. E Davide resterà “Capitano per sempre” per quello che ha lasciato in questo mondo. Il Pallone lo ha voluto ricordare, decidendo di non passare oltre, di non essere indifferente.
Forte e significativa anche la decisione del Cagliari, squadra con cui Astori ha militato per sei stagioni e debuttato in serie A, di seguire la Fiorentina e ritirare la maglia numero 13 che, in questa stagione, era sulle spalle di Filippo Romagna. Così come è stata importante la solidarietà arrivata dai tifosi giallorossi che, memori di un passato che non si dimentica, hanno voluto accostare la figura del capitano viola, con quella di Carmelo Imbriani. Due destini simili. Due capitani eccezionali (Carmelo era riuscito anche a ottenere la guida della prima squadra), due ragazzi generosi prematuramente strappati all’affetto della loro gente.
LA PARTITA – Purtroppo alla ripresa del campionato è toccato al Benevento affrontare la Fiorentina e giocare un match in un clima surreale. Difficile fare un’analisi tecnico-tattica pertinente della partita perché la gara che si è disputata al Franchi è avvenuta in un giorno ancora di lutto e non poteva essere una partita qualunque. Non quel giorno. La carica emotiva e psicologica era ancora enorme per entrambe le squadre che avrebbero fatto volentieri a meno di giocare. I viola erano, indubbiamente, quelli più scossi dalla tragedia e su di loro pesava pure un fardello enorme: far bene per onorare il loro capitano. E hanno provato a farlo, seppur con le lacrime al cuore e il morale a terra, finché le gambe e le energie nervose hanno retto. Il Benevento, dal canto suo, era impacciato, si è trovato nel mezzo di un evento luttuoso e come tale lo ha vissuto: con trasporto e rispetto. Da un punto di vista emotivo è stata dura per gli uomini di De Zerbi. Ci saremmo meravigliati del contrario. Perché si resta pur sempre degli esseri umani e non delle macchine e, per quanto irrazionali, non si ha un tasto per resettare le emozioni. Fare risultato in quelle condizioni, significava mostrarsi cinici. Perché si doveva scendere in campo con un solo obiettivo in mente: approfittare di un avversario tramortito da un evento extracalcistico per fare bottino pieno, visto che anche un punto non sarebbe servito a molto. Probabilmente se il tecnico avesse preparato la partita tenendo conto delle difficoltà psicologiche dell’avversario, il Benevento avrebbe vinto. Questo, però, non significa che il tecnico bresciano non abbia preparato bene la partita, ma che ha fatto bene a trasmettere altri valori. La decisione più corretta sarebbe stata quella di rinviare l’incontro e togliere tutti dall’impaccio, consentendo a entrambe le compagini di giocarsi al meglio la partita, in un altro momento e con ben altro spirito.
CAGLIARI – Tocca andare avanti e cercare di fare un finale di stagione perfetto, provando a sbagliare il meno possibile, iniziando già dalla sfida interna contro il Cagliari che si è costretti a vincere. Con la matematica che non ammette errori, per tenere vive le speranze salvezza, rincorrere i tre punti in tutte le sfide è diventato quasi obbligatorio. Le gare da giocare sono 11, di cui 6 in casa e 5 in trasferta. Ciò vuol dire che i punti a disposizione sono 33 e, in linea teorica, la salvezza è ancora raggiungibile. Ma di queste ce ne sono tre che, almeno sulla carta, sono proibitive: parliamo di Lazio e Milan (in lotta per l’Europa che conta) da affrontare in trasferta e della capolista Juventus (che punta al settimo tricolore) da affrontare tra le mura del ‘Ciro Vigorito’. I punti disponibili, seguendo questa via di pensiero, scenderebbero a 24 che, sommati ai 10 attuali, darebbero come risultato 34: gli stessi punti che hanno permesso al Crotone di salvarsi nello scorso campionato e al Sassuolo di farlo nella stagione 2013/2014, entrambe al loro primo anno nella massima serie. Osservando più affondo, di queste otto gare quattro sono scontri diretti: uno in casa (Verona) e tre in itinere (Sassuolo, Spal e Chievo all’ultima giornata). Le sfide restanti, invece, sono tutte in casa: contro Cagliari (che potrebbe ritrovarsi invischiata nella lotta per non retrocedere), Atalanta, Udinese e Genoa. Il Benevento deve crederci, centrare il filotto e sperare che almeno tre delle cinque/sei squadre che al momento la precedono le restino dietro. Di queste, tra sfide proibitive e scontri diretti, il calendario più complicato è appannaggio di Sassuolo, Chievo e Crotone. Non sappiamo se la Strega centrerà l’impresa. Nel Sannio è giunto papa Francesco. Quando passò San Pio (nel febbraio 2016), il Benevento venne promosso in Serie B. Questa volta sarebbe sufficiente ottenere la salvezza.