Donare rende felici. Più che ricevere. E’ il principio ispiratore dell’economia civile di cui Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata si fa portavoce in occasione dell’undicesimo incontro di Cives – Laboratorio di Formazione al Bene Comune, promosso dall’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Diocesi di Benevento in collaborazione con il Centro di Cultura “R. Calabria” e l’Università Cattolica del Sacro Cuore. All’economista è stato chiesto di sviluppare il tema: “Strategie per il lavoro dopo la Settimana Sociale di Cagliari”.
“Questo è il momento in cui sostenere fortemente i giovani intraprendenti che prendono a fare le cose con coraggio qui ed ora. Dobbiamo far passare l’idea che la cosa che più conta è la capacità d’innovazione e la progettualità, per cui non bisogna farsi bloccare dalle difficoltà che caratterizzano i luoghi”, esordisce Ettore Rossi direttore dell’Ufficio diocesano per i Problemi Sociali e il Lavoro. “Se il lavoro è il termometro della vitalità di un territorio”, prosegue, “allora il nostro territorio ha la febbre alta e non riesce a venirne fuori”. Eppure, la narrazione di Becchetti ha il sapore della speranza perché ripercorre le “gesta” di chi sta sperimentando la “restanza” o il coraggio di ritornare per provare a cimentarsi con le imprese possibili sul territorio. “Troppo a lungo ci si è limitati a tenere convegni sulle buone pratiche”, lamenta l’economista. “E’ giunta l’ora di provarci. Purtroppo la macchina con cui ripartire ha due ruote gonfie e le altre due sgonfie. Le ruote sgonfie impediscono alla macchina della ripresa di partire in volata”. La metafora ben illustra i molti nodi ancora irrisolti per quanti vogliano cimentarsi nel fare impresa: burocrazia e tasse riescono a distogliere anche i più motivati; molto meglio rincorrere paradisi fiscali, delocalizzare o assumere donne, retribuite con salari minimi, al di sotto della soglia della povertà. A ciò si aggiunge il nuovo fenomeno del part-time involontario o la sistematizzazione di quelli che una volta si consideravano “lavoretti”, con cui i ragazzi guadagnavano quel tanto per potersi permettere la pizza al sabato sera o di rifornire di carburante il motorino. “Fino a quando si utilizzeranno vecchi paradigmi generativi non andremo lontano”, mette in guardia l’economista. Occorre rigenerare le dinamiche e il fine della politica economica. Occorre chiedersi cosa rende la vita di un uomo felice e ricca di senso. Reddito, salute, libertà di iniziativa, assenza di corruzione, qualità della vita di relazione e gratuità sono variabili interconnesse e se una sola di esse cala, si finisce per essere infelici. Il grafico ad elefante di Milanovic ben spiega le ragioni dell’acuirsi del disagio sociale che si tramuta in disagio politico e in qualunquismo ovunque nel mondo. Eppure non tutto è perduto: la scoperta di nuovi campi di azione imprenditoriali è ancora possibile. L’Italia possiede genius loci – soprattutto il Sud – e specificità storico-culturali, bellezze architettoniche e territoriali che possono costituire nuovo punto di partenza per nuovi settori produttivi: servizi, arte, cultura, spettacolo, turismo. Becchetti individua alcune componenti chiave per il successo, che fanno riferimento al capitale umano: avere una vision con cui contaminare le nuove generazioni che dovranno competere con nuovi modelli di smart work, essere perciò dotati di soft skill, resilienti e in grado di lavorare in rete, saper affrontare un public speaking, operare anche da casa, via computer, secondo le dinamiche che non richiederanno necessariamente di muoversi da casa per lavorare . A sostegno della tesi che l’uomo cooperativo è meglio dell’uomo economico il docente cita il filosofo scozzese D. Hume:” L’uomo incapace di relazioni di qualità è socialmente dannoso”. In Trentino i produttori consorziati sono arrivati a risultati di tutto rispetto nella produzione e commercio di mele e pere. Ad Agrigento, invece, le arance restano sugli alberi, non potendo contare i produttori su una rete consortile. Eppure anche nel Sud ci sono esempi mirabili di cooperazione fattiva. Becchetti cita Vincenzo Linarello, che nella Locride ha creato la rete consortile: “Goel”; la “Civitas vitae” di Padova che sta riproducendo il modello in cinque altre regioni o la cooperativa “La Paranza” di Napoli: straordinari esempi di inclusione attiva coniugata alla valorizzazione di territori, ad una vision lungimirante e al desiderio di ridare dignità agli scartati e agli esclusi, tra cui vanno annoverati anche gli ex carcerati da reinserire nel percorso vitale. “Il percorso è in fieri. Possiamo dire solo di aver intrapreso la strada giusta in fatto di sostenibilità. Ne è testimonianza”, sostiene, “il fatto che Tesla, azienda di auto elettriche, è al momento quotata in borsa più di Ford, che notoriamente produce un quantitativo ben più elevato di auto” Poi conclude: “Dobbiamo creare una massa critica di consumatori in grado di invertire la rotta di vecchi sistemi capitalistici che ancora, a dispetto della evidenze, vendono dipendenze, azzardo, cibo spazzatura”. Insomma, il paradigma dell’economia civile prevede un lavoro a quattro mani tra cittadini attivi e imprese responsabili alla ricerca del bene comune. In sostegno alla nuova vision si possono adottare alcune misure: penalizzare i prodotti non solidali o ecosostenibili con tasse più elevate, effettuare prelievi fiscali dai nuovi giganti imprenditoriali e dare una risposta finale alla ricerca di senso, intesa come generatività biologica, sociale, politica, dell’economia civile, culturale e spirituale.