Carissimi,
la Pasqua di Cristo è per tutti i credenti in Lui motivo di speranza e d’impegno. Di speranza, perché siamo “convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui” (2Cor 4,14); d’impegno, perché risorgeremo solo se sapremo morire a noi stessi, alla nostra superbia e al nostro egoismo, in una fedeltà che tante volte ci costa. Il percorso è tutto in salita per chi vuol vivere il Vangelo in un mondo che pretende invece di estromettere Dio dalla storia per sostituirgli idoli che prima seducono l’uomo e poi lo lasciano vuoto e triste, spesso preda di una solitudine che uccide. Gesù ci ha fatto dono della sua vita per restituirci alla libertà dell’amore, alla gioia del Vangelo, e poter dare così testimonianza di fedeltà e di affettuosità generosa. La Pasqua ci aiuti a rinascere a questo amore, a donarci agli altri “non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia” (2Cor 9,7).
Per essere più chiaro, vorrei tradurre tutto ciò in un solo esempio: può capitare che anche nei momenti di maggiore convivialità tipici di questi giorni di festa, l’attenzione rimanga a tal punto concentrata sul proprio cellulare da farci inevitabilmente dimenticare quanti ci stanno accanto. Allora, perché non spegnere i telefonini almeno durante il pranzo pasquale e sforzarsi di comunicare davvero, in modo più intenso, con coloro che siedono alla nostra stessa mensa? E ciò “non con tristezza né per forza”, ma con la convizione che la presenza reale di chi si trova al nostro fianco è ben più importante del restare in collegamento virtuale con mezzo mondo…
Gesù di Nazareth, il vincitore della morte, che della morte ha fugato le tenebre e svelata la luce (Paolo VI), ci aiuti a fare della nostra vita un capolavoro (Giovanni Paolo II) di generosità e di gioia.
A tutti voi, il mio augurio più cordiale e sincero.
† Felice vescovo