Nazzareno Zembla ha scritto una lettera aperta all’on Caldoro e alll’on Colasanto in merito alla delibera della Giunta Regionale della Campania n.108 del 20.3.2012 avente ad oggetto: “Linee di indirizzo sulla sepoltura dei prodotti del concepimento”.
‘La problematica trattata dalla Giunta Regionale con il recente atto n.108/2012 è di delicata importanza, per cui, da persona attenta all’argomento e responsabilmente motivata, ho ritenuto opportuno dare questo mio modesto contributo alla luce dell’attuale momento storico in cui l’aggressione alla vita e alle famiglie naturali viene nascosta dietro false battaglie di solidarietà, esaltando i diritti all’autodeterminazione.
E’, quello alla vita, il diritto prioritario a cui qualsiasi attività legislativa deve orientarsi; è vano parlare di diritto al lavoro, all’assistenza, all’istruzione, e via di seguito, quando poi non si riconosce fondamentalmente il diritto di venire al mondo.
Diritto che deve maggiormente essere assicurato per primo al più piccolo e maggiormente indifeso, il bimbo concepito e ancora non nato, che in caso di morte (cioè di aborto spontaneo o procurato) deve ricevere lo stesso trattamento di sepoltura dei bambini nati morti o morti dopo la nascita.
Il principio sopra enunciato è alla base della legislazione italiana che, con il DPR n.285/1990, all’art.7 prescrive:
-comma 1: “Per i nati morti, ferme restando le disposizioni dell’art.74 del DPR n.1238 del 9.7.1939 sull’ordinamento dello stato civile, si seguono le disposizioni stabilite dagli articoli precedenti”;
-comma 2: “Per la sepoltura dei prodotti abortivi di presunta età di gestazione dalle 20 alle 28 settimane complete e dei feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina e che all’ufficiale dello Stato Civile non siano stati dichiarati come nati morti, i permessi di trasporto e di seppellimento sono rilasciati dall’Unità Sanitaria Locale”;
-comma 3: “A richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane”;
-comma 4: “Nei casi previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall’espulsione od estrazione del feto, domanda di seppellimento all’Unità Sanitaria Locale accompagnata dal certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto”.
L’attuale Giunta Regionale, con l’atto n.108 del 20.3.2012 ad oggetto:”Linee di indirizzo sulla sepoltura dei prodotti del concepimento”, ha scatenato forti reazioni e polemiche, a mio modesto avviso completamente gratuite.
Con quella delibera, non si è introdotta alcuna innovazione e nessun nuovo indirizzo, ma si è voluto semplicemente ribadire la normativa sopra richiamata.
Vera innovazione sarebbe stata quella anzitutto:
-di sostituire il termine “prodotti” con “frutti” o, forse più realisticamente, “resti” del concepimento, in quanto tali termini risultano più riguardosi nei confronti di quelle vite prenatalmente interrotte;
-di evitare di dare facoltà ai parenti o a chi per essi affinché i suddetti “prodotti” possano essere a loro richiesta raccolti nel cimitero, ma di renderne obbligatoria la sepoltura quale che sia l’età.
Con tale procedimento, una volta reso “obbligatorio”, verrebbe data una degna sepoltura con la possibilità di dedicare un funerale anche ai feti di gestazione inferiore ai cinque mesi, sino ad oggi trattati in ambito ospedaliero come “rifiuti speciali”, contrariamente a quanto previsto dalla Circolare Ministeriale del 16.3.1988 emessa dall’allora ministro della Sanità Carlo Donat Cattin, che testualmente recita: “Si ritiene che il seppellimento debba di regola avvenire anche in assenza di detta richiesta (quella dei genitori dei prodotti di concepimento abortivi di presunta età inferiore alle venti settimane, ndr)”. Lo “smaltimento attraverso la rete fognante, o insieme ai rifiuti urbani ordinari, costituisce violazione del regolamento di polizia mortuaria e del regolamento di igiene”.
Inoltre, si sarebbe dovuto prevedere che, oltre a rendere i genitori edotti sulla normativa in merito alla possibilità di chiedere la sepoltura dei feti, dovessero gli stessi genitori essere informati che, qualora essi non accogliessero positivamente questa opportunità, sarebbe l’ospedale ad occuparsi degli adempimenti della sepoltura, con addebito ai genitori delle spese sostenute.
Un’ultima considerazione va fatta in ordine alla scarsa attenzione data del legislatore regionale alla normativa che regola la materia.
Infatti solo in data 24.11.2001 con la legge regionale n.12 ad oggetto:”Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie” emanata in ossequio alla delega di cui al DPR n.616/77, si provvide a regolamentare le attività cimiteriali nonché ad istituire una apposita Consulta regionale da nominarsi ad inizio di ogni legislatura ed operante per l’intera sua durata.
Ci son voluti, però, ben nove anni a che la Giunta Regionale, con atto n.900 del 17.12.2010, deliberasse la costituzione della citata Consulta, i cui componenti sono stati poi nominati con vostro decreto n.9 del 19.1.2011.
Proprio in merito alla suddetta legge regionale mi permetto di chiedere che la stessa sia modificata ed integrata nel senso:
-di fare obbligo ai Comuni (ai sensi della L.R. n.12/2001) dell’aggiornamento dei Regolamenti di Polizia Mortuaria e dei Piani Regolatori Cimiteriali, individuando un’area in cui i genitori, se vogliono, possano seppellire i poveri resti di quel che per loro è pur sempre un figlio perso;
-di dare facoltà ai Comuni di istituire presso l’Ufficio di Stato Civile un registro dei bambini concepiti e non nati, con la possibilità per i genitori di dare un nome prenatale a ricordo del loro figlio; in questo modo viene riconosciuta ai genitori stessi la loro pur breve genitorialità, facendo entrare ufficialmente l’evento della perdita di un figlio concepito nella storia della propria famiglia, senza dover di fatto eliminare momenti pieni di significato che nella umana ricerca di senso non vanno svuotati di contenuto.
Fare questo, onorevoli Caldoro e Colasanto, significa dare una civile risposta alle questioni etiche della materia e risulterebbe un atto di “pietas” che ripara, almeno in parte, il cinismo dominante, proponendo altresì un atteggiamento moralmente più rispettoso della vita’.