di Antonio Maiella e Milagros Gil Quintero*
Sakineh Mohammadi Ashtiani ha 43 anni, nei suoi occhi il fascino della Mesopotamia, fra le pieghe della pelle le contraddizioni di una terra maliarda e sofferente. In Iran, fra le oasi di Ispam e Schiraz, si coltiva il grano e l’orzo. Ma non l’amore. E’ per questo che, a breve, il boia calerà la mannaia su Sakineh. La donna, madre di due figli, da cinque anni è rinchiusa nel carcere di Tabriz, in attesa che la sentenza venga eseguita. Per l’accusa, l’iraniana – nel maggio 2006 – avrebbe avuto una relazione illecita con due uomini ed è stata sottoposta a 99 frustate, come disposto dal collegio giudicante. “In seguito – hanno riferito da Amnesty International – è stata condannata alla lapidazione per adulterio durante il matrimonio, accusa che lei ha negato”. Se confrontiamo quanto è già stato fatto oltre le Alpi, l’Italia sembrerebbe estranea a questi fatti, sorda dinanzi ad una palese violazione dei diritti universali ed inalienabili dell’uomo: la vita. L’assordante silenzio delle istituzioni italiane fa stecca nel coro dei movimenti di appoggio e solidarietà sorti spontaneamente in Francia che, per fortuna, hanno acceso i riflettori sulla triste vicenda. La risposta della comunità internazionale dinanzi a tanto orrore non sì è fatta attendere: in Francia, per esempio, un grido d’allarme è giunto dal presidente Sarkozy; in Spagna, invece, il quotidiano El Pais (nell’edizione di domenica 29/2010) ha chiesto ai suoi lettori di salvare Sakineh. In tale ping pong mediatico, il presidente brasiliano, Lula, s’è detto favorevole all’ipotesi di offrire asilo politico alla donna. Questo dovrebbe dimostrare quanto sia stato poco trasparente il processo sommario che ha visto alla sbarra una 43enne che per le autorità iraniane è il simbolo dell’inflessibilità della giustizia. La sua esecuzione sembrerebbe, quindi, un affare di Stato religioso e morale. L’Italia dovrà agire e velocemente se vuole, anch’essa, a sua volta, far parte di questa battaglia congiunta per la vita. Oggi, Sakineh Mohammadi Ashtiani potrebbe essere lapidata, giustiziata perché imputata, forse anche ingiustamente, di adulterio, in una terra dove l’amore è dannoso.
*Milagros Gil Quintero, già console generale del Venezuela a Milano attualmente lavora come libera consulente di diritto internazionale