Sabato 27 Febbraio 2010, alle ore 11, presso la Biblioteca provinciale “Antonio Mellusi” in palazzo Terragnoli, al Corso Garibaldi di Benevento viene presentata la mostra personale dell’artista Pino Deodato, dal titolo “Equi…libri”.
L’evento anticipa il vernissage fissato per le ore 18.30 dello stesso giorno, sabato 27 febbraio, presso il Centro d’arte Contemporanea Art’s Events in Torrecuso (Bn).
Lo comunica l’assessore provinciale alle politiche culturali Carlo Falato.
L’iniziativa rientra nel contesto ed è il primo appuntamento di un articolato programma espositivo, con la direzione scientifica del dott. Ferdinando Creta, che copre lo spazio temporale di dodici mesi e che la Giunta provinciale di Benevento, su proposta dello stesso Falato, ha approvato nei giorni scorsi.
Oltre alla Mostra di Deodato sono previsti altri quattro appuntamenti con altrettanti artisti di spessore internazionale secondo il seguente Calendario:
aprile – maggio, Giorgio Cattani;
giugno-luglio, Igor Verrilli;
settembre – novembre, Gian Marco Montesano;
dicembre – gennaio 2011, Stefano Di Stasio.
Tutti questi appuntamenti, così come il primo, si svilupperanno sia presso l’Istituto culturale beneventano che presso il Centro Art’s Events di Torrecuso.
La mostra di Deodato si incentra su circa trenta olii su tela di piccole dimensioni che raffigurano paesaggi, ambienti ed interni con librerie, cui si aggiungono i lavori scultorei in terracotta policroma e bronzo ispirati al tema dell’equilibrio.
Sono opere pittoriche che narrano spazi metaforici e tensioni contrapposte: per un verso la concentrazione spirituale, di riparo nella intimità domestica, tra gli oggetti e le cose familiari, raccontate in un tempo rallentato e in un magico silenzio; per l’altro, il bisogno evasivo nel sogno e nella memoria.
L’atmosfera intima e raccolta della casa dialoga coi paesaggi circostanti, anch’essi partecipi di questa riscoperta innocente: gli orizzonti dipinti da Deodato hanno in sé l’incanto della fiaba e la cognizione della memoria. Le sculture si legano alle pitture per lo stesso stupore con cui si rapportano al mondo: acrobati, innamorati, artigiani e filosofi, un’umanità intera sospesa fra sogno e consapevolezza.
Nelle tele pervade il senso di fascinazione e nostalgia per una dimensione di valori perduti, in un percorso a ritroso sull’uomo indagato con semplicità e meraviglia. Gli oggetti disposti nelle stanze diventano i protagonisti di un racconto universale proprio attraverso la loro presenza silenziosa.
Se il primo luogo della sua arte è segnato da una connotazione sentimentale, dall’affezione agli angoli della propria casa (lo scrittoio, la poltrona, gli armadi, gli abiti in essi contenuti…), il secondo apre a territori più affabulanti, implica la percezione del tempo come sviluppo narrativo, coniugato con un’idea di spazio e di avventura interiore.
I due luoghi o “modi” di Deodato sono continuativi, si integrano, si intrecciano all’interno di una sensibilità ripiegata nell’avvertimento psicologico di vie silenziose dell’anima. Si spiegano così le presenze invisibili di cui le sue opere sono popolate, nonostante la quasi totale assenza dell’uomo. Certo, un letto sfatto, una lampada accesa, col fascio di luce concentrata su di un libro aperto, un oggetto lasciato per caso su di un comò, fanno pensare ad un abitatore. Implicitamente raccontano la sua storia, seppure misteriosa, seppure sconosciuta.
Ora l’artista rappresenta studi, librerie, luoghi che aprono al sapere, alla ricerca, ma anche al dubbio. Per l’altro è un recupero singolare e suggestivo della figura umana. E’ un segno più intimamente drammatico che l’artista nella sua maturità interpreta, realizzando omini di creta in differenti posture, posti a vari livelli su mensole o sospesi contro una parete bianca. Sono ancora distanti, al di là della storia, ma ci coinvolgono. Non è più presente il riparo caldo e ovattato della casa in cui il silenzio apre al sogno e può dispiegarsi in un favoloso mistero. L’artista interroga e si interroga. Ma lo fa con quella misura del sentimento che inoltra nell’invisibile. Nel vano angusto di una stanza di chissà quale abitato, esplorata dall’alto, come in un dormiveglia, come in levitazione, le pareti colme di libri, l’artista racconta il suo modo di sentire la vita, come un volo di pagine di un diario che volteggiano come farfalle o come una nebbia di sfera che si direbbero di carta.
Altrove lo sguardo interno si riflette nel paesaggio, un paesaggio notturno, ancora intimisticamente interpretato, l’orizzonte chiaro che apre all’oltre e vibra in un silenzio cosmico. E’ qui soprattutto che si registra il respiro: il respiro dell’anima che vibra, quasi musicalmente, aperta all’invisibile. Ma sempre con discrezione, con poesia.