Un Mezzogiorno in recessione, colpito duramente dalla crisi nel settore industriale, che da otto anni consecutivi cresce meno del Centro-Nord, cosa mai avvenuta dal dopoguerra a oggi, il cui Pil del 2009 e’ tornato ai livelli di dieci anni fa. Un’area periferica in cui gli emigrati precari, colpiti dalla crisi, privi di tutele, a parte la cassa integrazione, iniziano a rientrare, ma gia’ pensano a ripartire, dove il tasso di disoccupazione paradossalmente cresce di piu’ al Nord che al Sud, dove 6 milioni e 830mila persone sono a rischio poverta’. Questa la fotografia che emerge dal ’Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2010’, presentato oggi a Roma. Uno scenario che richiede, secondo la Svimez, un nuovo progetto Paese per il Sud, che parta dal rilancio delle infrastrutture, con un piano di 35 miliardi di euro, per coinvolgere quale nuova ’frontiera’ i settori piu’ innovativi. Nel 2009, il Pil del Sud e’ calato del 4,5%, un valore molto piu’ negativo del -1,5% del 2008, leggermente inferiore al dato del Centro-Nord (-5,2%). Il Pil per abitante e’ pari a 17.317 euro, il 58,8% del Centro-Nord (29.449 euro). A livello regionale, l’Abruzzo mostra nel 2009 una diminuzione del Pil particolarmente elevata (-5,9%), seguito dalla Campania (-5,4%), e Puglia e Basilicata a pari merito (-5%). Tutte negative le altre regioni meridionali, come le settentrionali, a eccezione della Valle d’Aosta. La perdita piu’ contenuta in Sicilia (-3,1%). A livello settoriale, nel 2009 anche l’agricoltura meridionale e’ stata investita dalla crisi, con un crollo del valore aggiunto del 5%, contro il -1,9% del Centro-Nord. A livello regionale, il valore aggiunto di Abruzzo, Basilicata, Molise e Puglia, che nel 2008 avevano registrato buone performance, e’ sceso fortemente, con valori compresi tra -8% e -11%. A fare le spese maggiori della crisi l’industria, con un crollo del valore aggiunto industriale nel 2009 del 15,8%, mentre le produzioni manifatturiere hanno segnato un calo del 16,6%. A tirare giu’ l’industria meridionale soprattutto minerali non metallurgici (-26,9%), metalli (23,9%) e macchine e mezzi di trasporto (-20,5%). Una situazione senza precedenti, avverte la Svimez: dal 2008 al 2009 l’industria manifatturiera del Sud ha perso oltre 100mila posti di lavoro, di cui 61mila soltanto lo scorso anno. In questo modo il gap dell’industria meridionale con il Centro-Nord e il resto dell’Europa si e’ ulteriormente aggravato. Dal 2004 al 2008, il valore aggiunto industriale al Sud ha perso il 2,4% contro il + 9,7% dei paesi dell’area euro. E, secondo la Svimez, per uscire dall’impasse occorre promuovere una nuova politica industriale specifica per il Sud, con risorse adeguate: “Uno degli elementi fondamentali – spiega – dovrebbe essere costituito dalla fiscalita’ di vantaggio”. Sempre per effetto della crisi, per la prima volta dalla fine della guerra, il valore aggiunto del settore dei servizi e’ calato per due anni consecutivi, segnando nel 2009 -2,7% (Centro-Nord -2,6%), con effetti molto piu’ pesanti nel commercio (-11% contro -9%). Giu’ anche turismo e trasporti (-3%) e intermediazione creditizia e immobiliare (-1,7%). Circa 88mila i posti di lavoro persi nel settore al Sud (-1,9% rispetto al 2008), con punte del -3,9% nel commercio, il doppio che al Centro-Nord (-1,7%), concentrate soprattutto nel lavoro autonomo. Due le cause principali dell’andamento recessivo, secondo la Svimez: investimenti che rallentano, famiglie che non consumano. Queste ultime infatti hanno ridotto al Sud la spesa del 2,6% contro l’1,6% del Centro-Nord. Mentre gli investimenti indu-striali sono crollati del 9,6% nel 2009, dopo la flessione (-3,7%) del 2008.
Fonte: AdnKronos