Fatture false per ottenere crediti Iva non dovuti. Una frode da 55 milioni di euro, ideata da una società operante nel settore del commercio di auto, è stata scoperta dall’Agenzia delle Entrate e il sì della Commissione tributaria provinciale di Benevento ha confermato la fondatezza dell’accertamento condotto dai funzionari del Fisco. La vicenda ha inizio con i controlli eseguiti dalla Guardia di Finanza, a seguito dei quali l’Agenzia delle Entrate ha rilevato l’illegittimità di crediti Iva pari a 55 milioni di euro. I crediti derivavano da fatture false emesse da due società collegate, nell’ambito di transazioni commerciali con fornitori esteri per l’acquisto di auto. La ricostruzione della frode – La Direzione provinciale di Benevento ha ricostruito il processo di acquisto della merce all’estero. Il meccanismo fraudolento è quello classico di interposizione di una società nei rapporti commerciali tra imprese estere (fornitori) e distributore. La ditta interposta (missing trader) acquistava dal fornitore estero e rivendeva la merce al distributore, che a sua volta cedeva ai concessionari nazionali di auto. Il missing trader, quindi, non aveva alcun ruolo effettivo, ma operava al solo fine di consentire al distributore, la formazione di un ingente credito Iva. In pratica fatturava regolarmente senza applicare l’Iva e, una volta incassato il corrispettivo della vendita, scompariva senza assolvere gli obblighi fiscali. A questo punto la società distributrice detraeva l’imposta, provvedendo a richiederne il rimborso o ad operare la compensazione. Grazie a queste detrazioni indebite, il passaggio dei beni tra il distributore e i concessionari di auto avveniva ad un prezzo nettamente inferiore a quello praticato dall’operatore estero. Non solo evasione, quindi, ma anche concorrenza sleale. La sentenza della Ctp – La Direzione Provinciale sannita è riuscita a dimostrare che grazie all’attività illecita la società ricorrente ha potuto usufruire di ingenti vantaggi economici. La Commissione tributaria provinciale di Benevento ha evidenziato la piena legittimità dell’atto di accertamento e della conseguente pretesa erariale, accogliendo in pieno le motivazioni delle Entrate e rigettando il ricorso del ricorrente.