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direttore Antonio De Cristofaro

Cives, si è tenuto il settimo incontro

Scritto da il 5 febbraio 2010 alle 18:19 e archiviato sotto la voce Sociale. Qualsiasi risposta puo´ essere seguita tramite RSS 2.0. Puoi rispondere o tracciare questa voce

Si è tenuto ieri nella sala del Centro di Cultura “Raffaele Calabria” a Benevento il settimo incontro di CIVES III Edizione– Laboratorio di Formazione al Bene Comune “Un’agenda di speranza per il futuro del paese e del Sannio”, all’interno della sezione “Le nuove sfide globali”.

Ospite dell’incontro il prof. Pierpaolo Triani, docente di Pedagogia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che è intervenuto sul tema La scuola, la famiglia e la società.

Nell’introdurre i lavori Ettore Rossi – direttore dell’Ufficio diocesano Problemi sociali e del lavoro – si è soffermato sulla necessità anche per il nostro territorio di affrontare la sfida educativa, creando dei luoghi di confronto tra insegnanti, educatori, formatori, catechisti, allenatori, genitori e ragazzi per cercare di stabilire un nuovo patto educativo. “I giovani non possono essere ulteriormente lasciati soli, senza maestri e testimoni. Anche la politica ha una funzione pedagogica. L’auspicio è che, quindi, i politici rafforzino i comportamenti orientati al bene comune, anziché che quelli improntati all’egoismo e alla discriminazione”.

Un cambiamento è oggi in atto nella cultura educativa – secondo Triani – iniziando dal percorso di autonomia degli istituti scolastici, fino alla differenziazione dei modelli educativi e alla globalizzazione della società.
“Un’ottica per leggere e comprendere i cambiamenti che hanno investito scuola, famiglia e società – ha evidenziato – è quella trasversale: “pluralità, soggettività e professionalizzazione” sono categorie che incidono fortemente nella cultura e nella prassi educative”. Il docente ha cercato di individuare le criticità e le sfide educative, partendo da un fondamentale presupposto: “La preoccupazione sulla società che ci circonda – ha dichiarato – nasce dalla percezione che molti adulti abbiano rinunciato a proporre alle nuove generazioni le regole del vivere, lasciandole troppo sole al loro destino”. “Infatti – ha aggiunto – da sempre si educa per promuovere il bene della persona e, insieme, per controllare la situazione, poiché è importante sapere che non esiste un’educazione che non sia entrambe le cose. Il problema è far sì che il controllo non prevarichi mai la ricerca del bene”. “E’ necessario infatti comprendere – ha evidenziato – che l’educazione non è un fatto onnipotente né meccanico, poiché ha a che fare con la libertà e i limiti dell’uomo; quindi è sottoposta al peccato”. Triani ha infatti parlato dei cosiddetti “peccati dell’educazione”: l’educatore deve porsi le domande sul bene degli altri in un’ottica di discernimento comunitario, non come un’attività solitaria, perché la crescita di una persona non va mai affidata ad uno solo.
“Per questo – ha dichiarato – forse si sta perdendo il senso di questa paziente opera quotidiana di responsabilità verso i giovani, nell’illusione che l’educazione sia una formula e non il felice mettersi in gioco delle persone. Non bisogna invece mai scordare, che l’impegno educativo, in quanto fatto umano, risente dei successi e degli insuccessi, di limiti e fragilità, e per questo ha bisogno di un’intensa fiducia e di un grande impegno quotidiano”.
Triani ha puntato l’accento, inoltre, sul fatto che prima d’oggi non si fosse mai prodotta discontinuità tra il contesto familiare e gli altri individui. Vigeva, infatti, un’educazione in cui la regolazione esterna della società aveva un gran peso: all’adulto che intendeva educare era chiesto di seguire la strada percorsa dagli altri componenti della società. “Oggi invece – ha sottolineato il docente – il contesto di riferimento è meno uniforme, fornisce messaggi molto diversi, la regolazione esterna dei comportamenti si è molto indebolita. Ecco perchè gli adulti non possono più basarsi solo sull’educazione che hanno ricevuto per loro stessi – come accadeva in passato – ma sono di fronte alla necessità di esercitarla in modo più consapevole, rendendo continuamente le spiegazioni delle loro scelte”.

Triani ha, poi, discusso delle tre categorie necessarie per comprendere i cambiamenti in atto nella cultura educativa, partendo innanzitutto dalla pluralità.
Egli ha evidenziato come oggi tutti gli educatori si trovino ad operare con una pluralità di valori e culture di riferimento, nonché con una pluralità di famiglie, modelli e ritmi familiari differenti. Fare i conti con la pluralità, quindi, significa prima di tutto confrontarsi con modi diversi di intendere l’educazione e i suoi scopi, dato che oggi esiste anche una pluralità delle figure educative che intenzionalmente ricoprono questo ruolo. “Oggi non ci sono più solo i genitori o i parenti ad educare i figli, ma nuove persone che assumono una responsabilità educativa più esplicita. Basti pensare agli allenatori sportivi, cui spesso viene chiesto anche di ricoprire un ruolo educativo”. Esiste, inoltre, anche una pluralità dei saperi e dei contesti formativi che sta mettendo in crisi la concezione “classica” della scuola, mediante l’introduzione dei nuovi media e della screen generation, facendo diminuire la forza della parola. Tutto ciò ci fa comprendere la complessità della pluralità, che presenta anche dei vantaggi: ad esempio, l’aumento delle fonti di sapere per i ragazzi e l’ampliamento delle possibilità delle esperienze, che consente una conoscenza multiculturale e l’acquisizione di un animo universale, con il limite però del pregiudizio e del razzismo reciproci. Il docente ha evidenziato, infatti, i principali nodi della pluralità: il primo è la rottura del patto educativo tacito che sosteneva la società ed era basato su un’uniformità culturale: ciò è lampante oggi nella continua messa in discussione da parte dei genitori nei confronti dell’operato degli insegnanti dei loro figli, che non accadeva mai in passato. Altro nodo della pluralità è la frammentazione dei contenuti e dei saperi, senza riuscire a trovare le soluzioni educative e il modello didattico da attuare. L’ultimo rischio è la pluralità dei vissuti personali, poiché con l’aumento delle possibilità di vita dei giovani sono diminuite le loro capacità di sapere immaginare il proprio futuro, cosa che ha accresciuto anche la loro frammentazione interiore.

La seconda categoria necessaria per comprendere i cambiamenti della cultura educativa che è la soggettività.
“La realizzazione di sé e il benessere sono ormai considerati gli scopi principali della vita, soprattutto dai giovani”. Ciò ci porta, secondo Triani, ad un altro fenomeno legato alla categoria della soggettività, il progressivo spostamento dai dispositivi educativi esterni a quelli interni al soggetto: oggi si chiede all’individuo di essere lui regolatore di sé stesso, acquisendo una consapevolezza interna, senza avere più come riferimento le regole sociali esterne. Questa trasformazione educativa ha accresciuto da una parte la consapevolezza personale, ma dall’altra è difficilmente acquisibile in età adolescenziale.
Tra le opportunità offerte dalla soggettività ci sono personalizzazione e la responsabilità degli interventi educativi, ma i rischi restano comunque alti: la chiusura in se stessi – il cosiddetto “narcisismo culturale” che oggi i nuovi media inculcano nei ragazzi – il narcisismo culturale degli adulti rispetto ai figli – il sentire come fallimento personale i fallimenti scolastici dei propri figli e l’eccessiva enfasi data alla dimensione relazionale a scapito degli oggetti e dei contenuti.

L’ultima categoria che rientra nella relazione, posta come fondamentale nella comprensione dei cambiamenti della cultura educativa, è la professionalizzazione, in altre parole l’aumento delle figure educative e della loro professionalità. Questo aspetto ha comportato una nuova logica di lavoro, con perno sui concetti della progettazione, la verifica dei risultati, la qualità e la concorrenza.
Anche da questa categoria arrivano delle opportunità: la possibilità di una maggiore diffusione della componente educativa e la crescita di un metodo di lavoro. I limiti evidenziati da Triani riguardano innanzitutto la fatica di realizzare una sintesi tra le tipologie professionali, poi la perdita del valore dell’informalità, cioè di un’educazione senza mediazione verso un’educazione che chiunque può fare.
Triani ha parlato anche delle sfide che deve affrontare il sistema educativo. La prima è quella della fiducia reciproca e del bene comune, da mettere sempre al primo posto, la seconda riguarda la fraternità universale che non va mai dimenticata, la terza quella del sostegno che ci farebbe sentire meno soli nei fondamentali passaggi della vita, l’ultima concerne l’investimento dell’educazione – il guardare alle politiche scolastiche, sociali e della famiglia senza dimenticare la sfida della sostenibilità e dell’autonomia.
Triani ha concluso affermando che anche i ragazzi hanno delle sfide con cui misurarsi: “La prima è rappresentata dall’uscire dal proprio mondo. La seconda sfida è quella delle relazioni significative. La terza è quella del futuro. La quarta è quella della fragilità, il saper accettare le proprie debolezze e non negare i propri limiti. L’ultima sfida è quella della trascendenza, intesa come vita non più ristretta al presente, ma come capacità di sentirsi “non autosufficiente” nei confronti dell’umanità”.

CIVES è organizzato dall’Ufficio Problemi Sociali e Lavoro della Diocesi di Benevento, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e il Centro di Cultura “Raffaele Calabria”.

“Un’agenda di speranza per il futuro del paese e del Sannio” è il tema posto al centro della riflessione dell’edizione 2009/2010 del laboratorio, scelto in sintonia con la tematica della prossima settimana Sociale dei Cattolici Italiani, in programma nell’ottobre 2010 a Reggio Calabria.

L’iniziativa formativa punta a motivare giovani e adulti ad una cittadinanza attiva e all’impegno nel campo sociale e politico. CIVES è, inoltre, occasione di approfondimento della recente Enciclica di Papa Benedetto XVI Caritas in Veritate, cui vengono dedicati tre dei dodici appuntamenti previsti nel programma.

La direzione scientifica del percorso è affidata al prof. Paolo Rizzi, Direttore del Laboratorio di Economia Locale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; coordineranno i lavori il dott. Ettore Rossi, Direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e Lavoro della Diocesi di Benevento, e il dott. Daniele Mazzulla, Coordinatore del Centro di Cultura “R. Calabria”.

Come nelle passate edizioni, la modalità laboratoriale prevede sessioni riservate a lavori di gruppo, in cui i partecipanti elaboreranno proposte e istanze per la crescita civile, sociale ed economica del territorio della provincia di Benevento. Si presterà, inoltre, attenzione alla realtà italiana nel suo complesso.
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