Nazzareno Orlando, capogruppo di An – Pdl a Palazzo Mosti in una nota afferma: “Sono esattamente trent’anni che in differenti condizioni e con ruoli diversificati seguo la Rassegna Benevento Città Spettacolo. Mi occupavo di “trovarobato” (ricerca di oggetti di scena) quando Gregoretti metteva su l’indimenticabile Battaglia di Benevento…Ero Assessore alla Cultura, da nove anni circa, quando Cappuccio rievocava l’assassinio del giudice Borsellino nell’ambito di una edizione dagli straordinari risvolti sociali e culturali. Posso, dunque, con umiltà e consapevolezza, analizzare il Festival che, tutto sommato, ha rappresentato una traccia indelebile nella mia intensa esistenza. Arrivato alla sua trentesima edizione, esso può a gran voce rivendicare una capacità di sopravvivenza ed una identità teatrale praticamente incontestabili. Il vero problema è un altro. Purtroppo, e lo dico con grande rammarico e tristezza, si paventa una sorta di eutanasia annunciata.
In occasione di questa importante edizione, bene sarebbe stato, infatti, avviare un serio ed articolato dibattito sulle prospettive e sulla necessità di ripensarlo. Invece nulla! Nonostante gli sforzi e le sollecitazioni, nonostante i giudizi positivi espressi pubblicamente nei confronti dell’attuale Direttore Artistico (Moscato) che rappresenta una voce importante ed una concreta testimonianza nel panorama teatrale di un Meridione incapace di rilanciare con forza la propria identità e le proprie tradizioni…nulla , assolutamente nulla. Ed allora il problema diviene tutto politico. E’ un problema di inconsistenza,di mancanza di progettualità, di visione complessiva, di assenza di rapporti, di basso profilo gestionale. Un Festival non può essere “comunicato” al suo potenziale pubblico dimenticando che esistono tempi e metodi per farlo. Una occasione che potrebbe segnare il punto di svolta di un evento che è tra i pochi in Italia ad avere trent’anni di storia…non può essere così malamente maltratto da una gestione complessiva che non è stata capace neanche di affiancargli quella Fondazione che, sicuramente, gli avrebbe garantito autonomia e dinamicità. Quando non si ha la giusta passione, quando non si parte con grandi ambizioni, quando ci si preoccupa solo di gare e distribuzione di incarichi…i risultati non possono essere che questi. Personalmente non ho nessuna intenzione di entrare nel merito delle scelte artistiche che soggettivamente sono valutabili. Quello che non accetto è la mancanza di prospettiva, l’incomprensibile indifferenza e la troppo ostentata volontà di cambiare ciò che in effetti non è cambiato affatto. Oggi ci si ritrova dinanzi a due manifestazioni (4 Notti e Città Spettacolo) praticamente confinanti ed eguali. Entrambe contenitori indifferenziati di proposte non originali. Entrambe costruite a “pacchetto chiuso” e basandosi solo ed esclusivamente su amicizie private e conoscenze pubbliche. Nessuna prospettiva europea, nessuna visione internazionale, nessuno sforzo di caratterizzazione, nessuna campagna di pubblicizzazione. Amo a tal punto Città Spettacolo che mi pesa anche scrivere tutto ciò. Mi pesa ma, contemporaneamente, mi sollecita ad avviare iniziative tendenti a comprenderne la futura identità e le linee guida che, speriamo, gli consentiranno di continuare “grintosamente” a rappresentare uno degli appuntamenti più attesi del panorama teatrale italiano. Avevo lanciato un appello, in tal senso, chiedendo si desse asilo politico-culturale ad un nome importante della nostra cultura: Roberto De Simone! Tale appello non ha sortito, ovviamente, nessun effetto! Eppure non era la banale segnalazione di un nome cui affidare la prossima Direzione Artistica (per questo c’è un consulente d’eccezione a Palazzo S. Giacomo). Non ne avevo l’intenzione, né pensavo di ricoprirne il ruolo! Era una non banale provocazione tesa a verificare una possibile, nuova identità per il Festival. Era una idea lanciata nell’immobile stagno della quotidianità per fare della nostra città un grande laboratorio di idee e di tradizioni che racchiudesse l’antico sogno di mettere Benevento al centro del Mediterraneo. Nulla…neanche un cenno di assenso nei confronti di un artista veramente “popolare” sia per estrazione che per storia vissuta. Potrei continuare parlando dei Teatri e della loro inutilizzazione (tutto si muoverà, vedrete, quando si comincerà a parlare di affidamenti!!!). Parlando della incredibile scomparsa dal cartellone, dopo un trentennio, degli ottimi artisti della città…quelli, per intenderci, che personalmente non ho mai voluto definire “locali”! Parlando del Teatro Romano e dello stato in cui versa…e ricordando ai cittadini, a tal uopo, le indimenticabili serate inaugurali fatte di grande pubblico, ospiti importanti e tanta…tanta…qualità. Parlando dei “palchi artistici” costruiti dai giovani scenografi americani in città per oltre un mese e delle incredibili mostre che ne scaturirono. Parlando dei corsi di formazione per i mestieri dello spettacolo che produssero, grazie al giusto sostegno del Ministero del Lavoro, professionalità importanti. Quelle esperienze seppero con saggezza coniugare cultura ed occupazione, ma ora diviene inutile anche proseguire in quanto, tutto, rimarrà scritto nella storia del Festival!. La mia speranza, invece, è che si riesca finalmente a reagire”.