Carissimi
è sempre una grande gioia per me “approfittare” delle feste natalizie per indirizzare alla mia
Chiesa locale espressioni d’affetto, di amore, per formulare voti e desideri.
I
Vi annuncio una grande gioia: Dio è venuto tra noi!
I. Il Natale è la festa più celebrata e solennizzata in tutto il mondo. È la festa cristiana per
eccellenza, l’avvenimento fondante della fede cristiana, un evento di grande gioia perché ci
ricorda la venuta di Dio nella nostra umanità: “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in
mezzo a noi (Gv. 1,14). S. Pietro Crisologo, nel suo discorso 148 sul mistero della
incarnazione, afferma: “La mano che si è degnata di prendere del fango per plasmare il
nostro corpo, si degnò di prendere anche la carne per la nostra ;restaurazione. Ora che il
Creatore dimori nella sua creatura e che Dio si trovi nella nostra carne, è un onore per
l’uomo, non una sconvenienza per Dio. O uomo, per- ché hai di te un concetto così basso
quando sei stato tanto prezioso per Dio?”. Il Natale di Gesù rivela e celebra il mistero
dell’infinito amore di Dio Padre che” ha tanto amato il mondo da mandare il figlio suo
unigenito perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv. 3,16).
II. Il Natale di Cristo è l’avvenimento per eccellenza, la più grande e gioiosa novità per
l’umanità e per la famiglia cristiana: la venuta di Dio tra noi, l’irruzione di Dio sulla storia
umana. Il Dio umano, fatto carne, la familiarità di Dio con l’intera umanità è una
provocazione per noi. La sua discesa tra noi è fonte di continuo stupore. Il mistero del Natale
è la parentela più intima tra l’umano e il divino, tra la terra e il cielo. S. Ambrogio nel
commento al Vangelo di Luca scrive: “Volle essere bambino perché tu potessi diventare
uomo perfetto… egli fu costretto in fasce, perché tu fossi sciolto dai lacci della morte, egli fu
nella stalla, per porre te sugli altari, egli fu in terra, affinché tu raggiungessi le stelle” (Lib. II
n° 41).
II
Cristo Gesù: Amore eterno e Verità assoluta
III. Siamo grati al Santo Padre Benedetto XVI che, in contesto storico – culturale complesso
e difficile come quello che stiamo oggi vivendo, impregnato di relativismo culturale e
religioso, crisi economica, segnato dal fenomeno della globalizzazione, continua ad
illuminarci e incoraggiarci con il suo alto e profondo magistero. Nella sua prima Enciclica
“Deus Caritas Est” e nell’ultima “Caritas in veritate”, Egli in qualità di nostro Padre e Pastore,
ha ritenuto importante ed urgente richiamare l’attenzione sull’identità del cristianesimo
aiutandoci a capire chi è Dio, chi è l’uomo, chi è la Chiesa e quale deve essere il suo ruolo
nella storia. Il Santo Padre considera baricentro di questo sforzo rappresentativo l’espressione
dell’Apostolo Giovanni: “Dio è amore, chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui”
(1Gv 4,16). Questa espressione è il centro della fede cristiana e consente di cogliere
l’immagine di Dio e la conseguente immagine dell’uomo e del suo cammino (Deus Caritas
est, 1). Essere cristiani consiste non tanto nell’osservanza di alcune norme etiche ma
nell’incontro di un avvenimento e con una Persona che dà alla vita un orizzonte e una
direzione decisiva. L’amore è una forza straordinaria, che spinge le persone ad impegnarsi
con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. È una forza che ha la sua
origine in Dio, Amore eterno e Verità Assoluta.(Caritas in Veritate, 1).
IV. Ma cosa significa “Dio è amore” nel contesto della nostra sensibilità moderna? Il santo
Padre precisa che l’amore umano ha la sua fonte in Dio. È il Dio Amore il prototipo
dell’amore, il punto di riferimento su cui giudicare e valutare sia l’amore umano come
storicamente lo sperimentiamo, sia la carità cristiana che esplicitamente afferma di far
riferimento al comando dell’amore e alla Persona di Gesù Verbo incarnato. Perché fare
riferimento al “prototipo”? Perché fin dalle origini della storia sacra, l’uomo e la donna sono
stati presentati come “immagine e somiglianza di Dio”. Se Dio è amore, ne consegue che
anche l’uomo e la donna sono fatti per amare, si realizzano nella misura in cui si aprono, si
donano, vivono in comunione di amore con gli altri. L’amore che ci ha comandato Gesù è la
carità dell’ “Amatevi come io vi ho amato”. E’ la carità della condivisione della vita e delle
cose. È la carità della ricerca appassionata dell’altro. La carità del farsi carico dell’altro
soprattutto quando è nella povertà e nel bisogno. La carità del perdono “fino a 77 volte sette”,
che apre il cuore e le braccia al fratello che ha sbagliato. Dal comportamento di Gesù il
cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amore (Deus Caritas est, 12).
V. La grande novità introdotta dall’Incarnazione del Figlio di Dio, è che Dio si è come
identificato con l’umanità. Amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme: nel più
piccolo incontriamo Gesù stesso e incontriamo Dio (Deus caritas est, 15). L’evento
dell’incarnazione dà risposta all’interrogativo: “È possibile amare Dio che non si vede?”.
L’incarnazione mi aiuta a capire che io incontro Dio incontrando l’uomo: l’amore per il
prossimo è una strada per incontrare Dio. Chiudere gli occhi di fronte al prossimo rende
ciechi anche di fronte a Dio. Se il contatto con Dio manca del tutto nella mia vita, posso
vedere nell’altro sempre e solo l’altro e non riesco a riconoscere in Lui l’immagine divina
(Deus Caritas est, 16; 18). Ma il servizio al prossimo può aprire ed apre i miei occhi su quello
che Dio fa per me e su come Egli mi ama. Amore di Dio e amore del prossimo sono
inseparabili, sono un unico comandamento. Entrambi però vivono dell’amore proveniente da
Dio che ci ha amati per primo. La carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente
esperienza del dono. L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la
dimensione di trascendenza. Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a
comprender chi egli sia. Ciò che ci precede e che ci costituisce – l’Amore e la Verità
sussistenti – ci indica che cosa sia il bene e che in che cosa consista la nostra felicità (Caritas
in Veritate, 34; 52; 78).
III
Cristo Signore: Amore che tutto rinnova
VI. Il quadro generale della situazione della nostra odierna società è quello di “un paese in
trincea”, una popolazione pervasa dall’inquietudine, ripiegata sul privato, sugli interessi del
singolo, alla ricerca ossessionata del benessere materiale. La gente è chiusa in se stessa, senza
orientamenti comuni, senza condivisione solidale, senza mediazioni economiche, sociali e
politiche, sempre in attesa delle grandi riforme, delle grandi scelte, dei decisivi interventi. Le
nostre società esprimono una cultura egoistica, ripiegata in se stessa, nell’io, nel mio,
nell’esclusivo profitto, nell’egoismo del triplice ambito del piacere – possesso – potere. Sembra
che manchino i quattro punti cardinali. L:unico punto cardinale è l’io e non i quattro punti
necessari Dio – Noi – Tu ed Io. Occorre uscire da sé. Uscire dall’egoismo, dalla sola sfera
privata, dall’esclusivo io. Occorre darsi la mano, prendersi per mano, accostarsi all’altro,
fidarsi. È necessario riscoprire la dimensione spirituale della vita. Di fronte a tanto malessere
la via di uscita è proprio l’apertura a Dio, il riferimento costante al Suo amore. Tutto ciò è
indispensabile per trasformare i “cuori di pietra” in “cuori di carne” (Ez 36,36), così da
rendere “divina” e perciò più degna dell’uomo la vita sulla terra (Caritas in Veritate, 79).
VII. L’amore che Cristo ci ha donato e ci ha richiesto costituisce la forza che trasforma, che
incide, che caratterizza la vita dei singoli e le istituzioni della comunità. Disgraziatamente nel
mondo c’è una terribile assenza di amore. Il male più grande d’oggi è la mancanza di amore, di
carità e di solidarietà. La Paternità di Dio e figliolanza nostra comportano l’amore fraterno.
Questa è l’ora urgente di costruire la civiltà dell’amore. E i cristiani, figli di Dio, fratelli
dell’uomo sono tra i primi costruttori della sempre nuova civiltà della carità e dell’amore. Di
questo il mondo d’oggi ha estremo bisogno. Occorre aprire le porte alla speranza di una vita
più umana, sia con la conversione personale a stili ed atteggiamenti di vita ispirati alla
solidarietà, sia con la preghiera perché si preparino progetti seri di cooperazione allo sviluppo
di una vita umana degna di un uomo, fratello e figlio di Dio Padre.
VIII. L’umanità può essere salvata solo dalla carità, dall’amore gratuito, disinteressato,
oblativo, concreto, visibile, trasparente, come è stato ed è quello di Cristo e della sua Madre
Maria. Ella sta ai piedi della stalla di Betlemme e ai piedi della croce. Maria, Figlia e Madre
del suo Signore, la prima discepola, è l’icona dell’amore trinitario. Lei è la pienezza
dell’umanità nuova, ricreata dalla carità. Maria è la migliore maestra che ci insegna cosa
significhi essere figli di Dio e ci aiuta a riconoscere Dio, Signore e Padre. Da Gesù, per mezzo
del cuore materno di Maria, viene la vita, l’amore, la pace, la gioia, la speranza del mondo.
Chiediamo alla nostra Vergine di tutte le Grazie che invochi il Signore per ottenere frutti
duraturi di amore, di pace, di concordia, di solidarietà. per le nostre autorità, per le nostre
comunità. parrocchiali, le nostre famiglie, per ciascun uomo di buona volontà. e per l’intera
umanità.
Carissimi fratelli e sorelle, rinnovandovi i miei affettuosi auguri di serene festività natalizie,
vi esorto paternamente ad essere:
Testimoni della carità e coerenti annunciatori della fede cattolica.
Messaggeri di speranza e amanti della vita.
Costruttori di pace e collaboratori per la salvezza dell’uomo e del mondo.
† Andrea Mugione
Arcivescovo Metropolita di Benevento