Tempi duri per le donne! Da più parti spirano venti di guerra nei loro confronti, nonostante le stesse non abbiano ancora guadagnato un posto al sole nella società. Ma cominciamo per ordine :
a) il Ministro Brunetta, convinto sostenitore delle leggi europee in materia, è entusiasta dell’allungamento dell’età pensionabile a 65 anni per le lavoratrici pubbliche. In più, egli dichiara soddisfatto che il risparmio di 2 miliardi e 800 milioni, derivante dall’operazione, servirà a finanziare nei prossimi dieci anni “i non autosufficienti e il welfare familiare”;
b) il Ministro Gelmini decide di attuare per la scuola una “riforma” fatta di soli tagli: 8 miliardi di euro in tre anni, a danno di circa 133.000 tra docenti e ATA, molti dei quali giunti alla veneranda età di 50 anni, colpevoli di aver lavorato per anni nella scuola senza essere mai divenuti di ruolo. Questa espulsione di massa viene pagata in massima parte dalle donne, inserite in graduatorie di merito dopo aver studiato, conseguito titoli e maturato professionalità. Puntare sul merito, infatti, ha sempre premiato finora le donne. Il taglio indiscriminato di risorse finanziarie ed umane al sistema scolastico pubblico smantella diritti, cancella servizi, quali il tempo pieno e il tempo prolungato, su cui le poche donne che lavorano hanno fatto affidamento, nella loro lotta quotidiana per la difficile conciliazione tra il lavoro domestico e quello di cura.
Di fronte a queste provocazioni nei confronti delle donne, sbandierate come conquiste di libertà e valorizzazioni del merito, i Verdi di Benevento avanzano le seguenti proposte realistiche :
1) richiamando le direttive europee che impongono l’adeguamento degli Stati membri a standard minimi di servizi di cura per minori ed anziani entro il 2010, occorre collegare l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne italiane al proporzionale raggiungimento di tali standard minimi in tutte le regioni del nostro Paese. La proposta è sostenuta dal seguente ragionamento: se finora le donne che lavorano hanno dovuto sopperire gratuitamente, ed a caro prezzo della loro incolumità fisica e psichica, alla grave carenza di sistemi di welfare, adesso non possono subìre di pagare a proprie spese il finanziamento di servizi pubblici di cura, dei quali lo Stato non si è finora fatto carico. Altrimenti, al danno si aggiungerebbe la beffa.
2) Rispetto ai danni provocati dal Ministro Gelmini, in mancanza della revoca di questo decreto iniquo, bisogna utilizzare le diverse professionalità possedute dalle persone precarie per la realizzazione di servizi sociali ed educativi territorali nei quartieri, nelle parrocchie e nelle scuole, sperimentando una forma reale di federalismo fiscale. Ad integrazione delle risorse reperibili nei FAS, nei Fondi Strutturali ed in altri auspicabili interventi di tipo statale, si dovrebbero finanziare queste iniziative con “fondi di solidarietà” dedicati all’istruzione pubblica, istituiti presso comuni singoli o associati e gestiti in modo trasparente dagli stessi precari. Tali Fondi dovrebbe essere alimentati annualmente, in maniera deducibile dal reddito, dai proventi dell’evasione fiscale, da cittadini volontari e da quanti (consulenti, politici, amministratori, etc.) percepiscono almeno 100.000 euro di reddito annuo. Come individuare questi ultimi è facile: ci ha pensato il Ministro Brunetta con l’obbligo di pubblicazione on line dei loro compensi.